Heritage

Ritratto Friulano

Heritage al femminile: Workout magazine incontra Alessandra Sangoi di Sangoi Spa

Ci sono frasi nel dire comune che sono specchio stucchevole e, diciamolo, ormai insopportabile, di stereotipi di genere: per esempio certi luoghi comuni allusivi e denigratori delle capacità delle donne in campo lavorativo oppure delle loro abilità, per non parlare di quelli che, al contrario, legano l’affermazione femminile nei campi più vari alla seduttività o alla bellezza. Uno dei più noti, e purtroppo, citati recita: «Dietro a ogni grande uomo c’è sempre una grande donna». Viene attribuita a Virginia Woolf, e certo si fa una certa fatica ad associarlo alla statura morale e intellettuale della grande scrittrice britannica: una persona dolorosamente libera, profondamente consapevole dell’arretratezza della visione che la società del suo tempo aveva delle donne, una militante suffragista che si batteva per la parità dei sessi, un’ardente fautrice della necessità che ogni donna potesse avere una «stanza tutta per sé» oltre che «una rendita di cinquecento sterline l’anno» per essere indipendente ed esprimere se stessa. Quella sua presunta frase non le rende granché giustizia: risuona sorda come una campana crepata, appare come un «contentino», una sorta di premio di consolazione per quelle donne che hanno fatto un passo indietro, che hanno vissuto nel cono d’ombra dei loro compagni di vita rendendosi invisibili pur svolgendo compiti fondamentali per l’affermazione dei partner. Sarebbe diverso se si facesse invece riferimento al detto latino al quale (sembra) che la Woolf si sia ispirata e cioè: «Dotata animi mulier virum regit» (Una donna dotata di coraggio sostiene e consiglia il marito)? Non del tutto, ma almeno si renderebbe parzialmente giustizia al peso che le donne hanno all’interno della coppia, ancora di più se questa coppia lo è anche nel lavoro.

Lidia Pino camminava a fianco del marito, non dietro. Moglie di Gino Sangoi, fonda con lui nel 1973 l’impresa che oggi è diventata un Gruppo di cinque società, con una capogruppo (SAFIN SPA) da cui dipendono quattro realtà che operano tutte nella filiera dell’acciaio: SANGOI SPA e SIDECO SRL (centri servizi per la fornitura di nastri e lamiere in acciaio), SABREST SRL (produzione di componenti di precisione) e SANGOI GREEN SRL (pali e accessori da vigna). «Mia madre non ha mai voluto svolgere un ruolo operativo all’interno dell’azienda – ci racconta Alessandra Sangoi, CEO di SANGOI SPA – ma è sempre stata la figura di riferimento per tutti noi, la persona con la quale confrontarsi ogniqualvolta c’era una decisione da prendere o un problema difficile da affrontare». E non è certo casuale che oggi sia Presidente di SAFIN: omaggio e ringraziamento a una donna che si è sempre spesa per il buon andamento sia della famiglia che dell’impresa che aveva contribuito a creare. E pensare che da ragazza, nei suoi piani per il futuro, il matrimonio non era al primo posto, per non parlare della siderurgia, distante mille miglia dai suoi interessi…
Ma andiamo con ordine.

Gino Sangoi nasce a Gemona, territorio friulano sconosciuto ai più prima dei due devastanti sismi che nel 1976 provocheranno, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, più di mille morti e la quasi totale distruzione del tessuto urbano della zona. I genitori hanno un bar che funge anche da rivendita di generi vari in cui Gino, come non era raro ai tempi, inizia a lavorare da bambino: un’infanzia «scippata» in nome del bilancio famigliare da far quadrare, «e infatti con noi non ne voleva nemmeno parlare» dice Alessandra. Al bar si affianca presto, nei fine settimana, un lavoro presso una trafileria da poco aperta in paese. La famiglia proprietaria, i Pittini, sarà per Gino la scoperta di un modello parentale molto diverso rispetto al suo: «Li ammirava – racconta Alessandra – gli piaceva l’ordine che regnava da loro», un contesto dove si festeggiavano i Natali e le Pasque che invece a lui erano negati a causa dell’attività dei genitori. Da lì nascerà il forte desiderio di sposarsi presto, di avere una famiglia tutta sua… ma come fare per sostenerla economicamente?
Dai Pittini Gino smonta residuati bellici e carri ferroviari e impara a «mettere le mani» nel metallo, l’inizio di una passione che durerà per tutta la vita nonché risposta alla domanda di cui sopra. A 18 anni comincia nel cortile di casa un’attività di compravendita di rottami di ferro, poi sviluppa un progetto di realizzazione di carri destinati all’agricoltura utilizzando come ruote gli pneumatici delle auto («sembra avesse riscontrato anche un certo successo commerciale, in ogni caso gli ha fatto assaporare la soddisfazione di assecondare il proprio spirito di iniziativa» sottolinea Alessandra), infine con un socio apre alla periferia di Udine una rivendita di pezzi di ricambio automobilistici. Lì, quasi di fronte, abita Lidia, una bella ragazza, anche lei con un’infanzia alle spalle segnata dalla sofferenza: il padre partito per la campagna di Russia quando lei aveva solo 4 anni e mai più tornato, dissolto nel vero senso del termine, come altri 75.000 suoi commilitoni, nella terribile ritirata del gennaio del 1943. Cresciuta in questa grande «assenza», tra la madre e il collegio, Lidia sviluppa una personalità forte unita a un desiderio di indipendenza altrettanto robusto. Quando Gino la nota e comincia a frequentarla, sta coltivando il progetto di aprire una sartoria, ha fatto scuola di taglio e cucito a Udine, vuole avere un’attività sua. Una cosa è certa: il matrimonio non è nei suoi pensieri.

Ma lo è in quelli di Gino. Non è tipo da perdere tempo, Lidia per lui è la scelta giusta, ne è sicuro, e poi – ma questo non sminuisce la tensione romantica verso la donna di cui è innamorato – vuole a tutti i costi evitare il servizio militare e sposarsi potrebbe essere la soluzione. Così sarà: non sappiamo come Gino sia riuscito a far capitolare la caparbia Lidia, ma in una foto del 1960 i due sorridono felici dal finestrino di un’auto, lei in abito bianco e velo, lui in scuro.
Da quel momento tutto accelera: Gino lascia il socio e con Lidia chiede un prestito alla banca per far partire un’attività di compravendita di materiali ferrosi: ogni settimana va nel Bresciano, dove ormai è di casa tra le ferriere, e lì tratta partite che poi rivende nei laminatoi di Udine. Un avanti-e-indietro massacrante che però dà risultati ottimi tant’è che a un primo camion se ne aggiunge presto un altro e poco dopo un altro ancora. Il successo commerciale si accompagna alla felicità famigliare: un anno dopo il matrimonio nasce il primogenito Andrea, cui seguirà tre anni dopo Paolo e ancora dopo tre anni, Alessandra, la «piccolina di casa».

Chi è che diceva che gli dei invidiano la felicità umana e quando dai loro scranni dorati la notano, la fanno pagare ai malcapitati? È il 1972 quando Gino rischia di morire in un banale incidente di caccia: dal fucile di uno degli amici parte accidentalmente un colpo che lo prende in pieno. Ci metterà mesi a riprendersi, ma intanto l’assicurazione paga e quei soldi sono benedetti perché con essi Gino e Lidia acquistano nel 1973 un terreno a Feletto Umberto e danno il via alla SANGOI SPA, all’inizio, così la descrive Alessandra, «un semplice magazzino di prodotti siderurgici lunghi». Chissà se sarà sempre stata opera degli dei invidiosi il terremoto che dopo soli tre anni squassa il Friuli… Il capannone non ne risente, ma la casa che Gino aveva appena acquistato a Tarcento e dove tutta la famiglia a breve si sarebbe trasferita non esiste praticamente più. E nemmeno si può dire che la fase di ricostruzione sul territorio, che per molte aziende locali fu una grande opportunità, abbia impattato in modo benefico su SANGOI: banalmente perché i loro prodotti non erano destinati all’edilizia.

Un passo importante nello sviluppo del Gruppo si localizza temporalmente negli anni Ottanta quando avviene il passaggio da magazzino di prodotti lunghi a centro servizi: la sede operativa viene trasferita da Feletto a un nuovo capannone in Tarcento, inizialmente con due piccole macchine destinate al taglio longitudinale di nastri in acciaio acquistate da un’azienda in difficoltà. Un ruolo fondamentale in questa svolta dal commercio all’industria è ricoperto da Andrea, il primogenito, che nel frattempo ha terminato gli studi di ragioneria ed è entrato nell’attività famigliare: lui sta guardando più lontano del padre ma questi, forse per la prima volta nella sua vita, esita di fronte alle prime inevitabili difficoltà del nuovo corso imprenditoriale. La storia famigliare narra che sarà Lidia a convincerlo a non arrendersi: i debiti saranno pagati vendendo alcune proprietà, si andrà avanti sulla nuova strada. E sarà sempre Andrea a rendersi conto che in Lombardia le opportunità sono maggiori ma che dal Friuli è difficile gestire la logistica: propone così l’acquisto, nel 2000, della Unisider di Paderno Dugnano, impresa in crisi per problemi di passaggio generazionale, che diventerà la SIDECO.

Nel frattempo è entrata in scena Alessandra. Il suo rapporto con il padre è strettissimo, un’intesa profonda, immediata: «ci bastava uno sguardo per capire cosa stava pensando l’altro rispetto a qualsiasi contingenza. E c’è sempre stata molta sintonia, avevamo le stesse visioni, ci ritrovavamo sempre in un dialogo che è stato molto più semplice rispetto a quello che lui aveva con i miei fratelli, forse perché la sua personalità era… molto ingombrante, per così dire, e con i figli maschi era normale che si scontrasse di più». Ciò nonostante Alessandra non si è mai sentita predestinata a una carriera in SANGOI: «al contrario, avevo moltissimi dubbi anche se, dopo la laurea in Economia Aziendale, sono comunque entrata in azienda per capire cosa davvero volessi fare. Niente di che, per lo più ruoli impiegatizi occupandomi un po’ di tutto. In quegli anni viaggiavo molto con mio padre, lui si occupava in particolare dell’investimento in macchinari, gli piaceva acquistare quelli usati, sistemarli e poi destinarli alle nostre attività produttive oppure rivenderli e io lo accompagnavo. A dire la verità anche da bambina mi portava per ferriere e acciaierie, ma nel periodo che io chiamo “della mia indecisione” mi sono resa conto che lo faceva in modo diverso, mi spiegava tanti dettagli tecnici riguardanti le macchine e capivo che quei momenti lo appagavano molto».

Gino in realtà ha già in mente un piano per la figlia. Nel 1997 a un’asta giudiziaria ha acquistato un capannone non lontano dalla SANGOI e ci ha installato due profilatrici per la produzione di tubi saldati di piccolo diametro, da destinare al settore dei giocattoli e dei lampadari: il progetto è di nicchia, ma interessante. Peccato che il prodotto non sia all’altezza delle sue aspettative, bisogna ripensarlo a partire dall’aumento del diametro dei tubi spostandone così la destinazione al campo dell’arredo dove però la concorrenza è assai più spinta. Il gioco si fa duro e Gino gli mette a capo proprio Alessandra: «è stata un’impresa davvero impegnativa – ricorda – perché sono entrata in una tempesta perfetta, un concentrato di inadeguatezze che nemmeno progettandolo a tavolino sarebbe risultato così negativamente perfetto: i macchinari non funzionavano, i dipendenti non si trovavano e alcuni stretti collaboratori erano inaffidabili». Ma Alessandra riesce a tenere brillantemente il timone, tanto che quando si presenterà l’occasione di cedere questo ramo d’azienda a un gruppo leader nella produzione di quei tubi, la Profilmec, la nuova proprietà le chiede di restare come amministratore unico. Porterà avanti l’esperienza, da lei definita «molto formativa» fino al 2007, vero annus horribilis per la famiglia Sangoi.
Nell’estate di quell’anno viene infatti improvvisamente a mancare Gino e dopo tre anni Andrea: per Alessandra è il giro di boa, deve e vuole rientrare nell’impresa famigliare anche per «dare un seguito allo spirito di intraprendenza che sia mio padre che mio fratello avevano dimostrato. Ero fiera di raccoglierne il testimone». In azienda non resta sola: la affiancano l’altro fratello Paolo e la moglie di Andrea, ma il momento è difficile, inevitabile che sorga anche l’idea di vendere. Sarà ancora Lidia a spronarli, a farsi interprete di una resilienza veramente friulana. I tre mettono a punto un piano di diversificazione dell’attività storica che permetterà di superare anche la crisi economica iniziata nel 2008 con drammatiche chiusure per tante imprese del nostro Paese.

La famiglia Sangoi: da sinistra a destra, Edi Bassi moglie di Andrea Sangoi, Paolo Sangoi, Lidia Pino e Alessandra Sangoi.

Con i suoi 100 milioni di fatturato oggi il gruppo SANGOI è la dimostrazione che in quel frangente la famiglia aveva preso la giusta decisione. Alessandra è onesta quando specifica che il brillante risultato ha al suo interno una componente legata alla dinamica dei prezzi dell’acciaio, ma molto decisa nell’intenzione di attestarsi su questi valori anche se i prezzi dovessero arretrare. In più nell’immediato futuro dell’impresa c’è una diversificazione incentrata sul fotovoltaico, anzi si sta già costruendo un primo parco su terreni di proprietà. Altri numeri? Quattro sedi operative di cui due a Tarcento, una a Brescia e una a Paderno Dugnano, altri due capannoni locati a terzi, 90 dipendenti e una superficie coperta che si aggira sui 30.000 metri quadrati.
Un’impresa solida, dichiaratamente fondata su valori oggi quasi fuori moda: la lealtà, la trasparenza, il senso di responsabilità, l’umiltà: «riflettono la storia della nostra famiglia, il modo in cui i nostri genitori hanno avviato l’attività partendo quasi dal nulla non solo dal punto di vista dei mezzi economici, ma anche da quello del know how come si direbbe oggi. Con il solo bagaglio di questa consapevolezza hanno avuto la capacità e prima ancora la volontà di formarsi, di crearsi una reputazione e di dimostrarsi all’altezza della fiducia degli altri».

Alessandra è una manager che definirei «garbata» a partire dalla pacata gentilezza che traspare dalle sue parole e dai suoi modi. È il suo stile di management: «Credo che riconoscimento e autorevolezza si ottengano sia dimostrando di saper risolvere le criticità sia approcciando la quotidianità in modo equilibrato. Non è sempre facile perché i problemi ci sono, mettono ansia e invece bisogna trasferire ai collaboratori tranquillità e rassicurazione». Team per lei è la parola chiave, rispecchia un piacere non solo di lavorare con gli altri in vista di determinati obiettivi, ma anche di «stare» con le persone: «È solo se stai bene con chi ti circonda, solo se ti piace, che riesci a trascinarlo».
L’essere donna in un settore così maschile per lei non è mai stato un problema anche se è consapevole dell’esistenza di una certa diffidenza iniziale che bisogna dissipare dimostrando di essere all’altezza. E d’altra parte «nessuno si sorprende più di trovare una donna al vertice, e non solo nella conduzione di aziende, ma in tanti altri ambiti». Ritiene il mondo dell’acciaio stimolante per tanti motivi, «da un punto di vista tecnologico, e poi per le forze in gioco e le energie, sia fisiche sia finanziarie, necessarie a gestirle», ma sa che può risultare poco affascinante per la sensibilità femminile. In ogni caso, racconta, è capitato che donne entrate in SANGOI per ricoprire certi ruoli abbiano poi finito per occuparsi di altri più prettamente maschili dimostrando peraltro di cavarsela anche meglio. Perché? Alessandra sorride: «Nella nostra attività i ritmi sono veloci, devi essere mentalmente reattivo. E questa reattività l’ho forse riscontrata, anche se non voglio generalizzare, più nelle donne che negli uomini». Un’altra sua convinzione è che le donne abbiano una visione più corretta delle varie situazioni per la loro capacità di osservare le cose con maggior distacco, senza l’ansia di voler primeggiare a tutti i costi.

Anche in SANGOI, come per tante altre imprese del nostro Paese, un tema cruciale è l’attrazione dei talenti e naturalmente la capacità di trattenerli, in un settore in cui l’offerta sta nettamente superando la domanda e dove quindi non è difficile spostarsi da una realtà a un’altra. Per Alessandra, la strumento principale passa per i valori del Gruppo, che sono stati individuati e condivisi con tutte le aziende che ne fanno parte in un percorso sulle tematiche ESG iniziato nel 2023. Valori su cui bisogna poi mostrarsi tutti coesi e coerenti – «non basta enunciarli, bisogna che ciascuno li faccia propri» – e che – lei ne è convinta – creano un clima positivo all’interno dell’azienda, uno spirito di comunità inclusivo e rispettoso, tale da indurre ad approcciarsi a SANGOI e poi a restarvi. Nessuna demonizzazione dell’atteggiamento che oggi i giovani hanno nei confronti del lavoro e che è molto diverso da quello delle generazioni più agée: «bisogna essere consapevoli che la tendenza non è più quella di legarsi indissolubilmente a un’azienda perché il lavoro non viene considerato, come forse un tempo era, l’aspetto più importante della vita. Bisogna fornire delle motivazioni per cui valga la pena di restare: la retribuzione certo è importante, ma un peso rilevante l’ha anche l’ambiente che deve essere aperto e stimolante».

E gli stimoli qui non mancano. Perché un’altra parola basilare per Alessandra è innovazione. Non solo per quanto riguarda le attività e gli impianti (della svolta nel fotovoltaico abbiamo già parlato), ma anche nell’organizzazione e nell’approccio al mercato: «Non devi mai sentirti “arrivato”, al contrario devi sempre identificare ambiti di miglioramento il che implica un’osservazione costante dei cambiamenti in atto. Non solo, ma poiché tutti devono viaggiare alla stessa velocità, l’innovazione comporta anche un’adeguata e continua formazione dei collaboratori perché altrimenti non ti seguono e le idee finiscono per restare tali». Alessandra ammette che possa risultare stancante, soprattutto se una persona ambisce alla stabilità: qui bisogna rimettere sempre tutto in discussione, ma questa tensione è quella che muove l’azienda e «io stessa – ride – una comfort zone non l’ho proprio mai avuta».

Innovazione anche nella comunicazione: dal periodo del post Covid, SANGOI mette periodicamente a disposizione dei clienti una serie di informazioni sull’andamento del mercato che vengono comunicate tramite newsletter e successivamente postate sul sito aziendale. Un’idea di Alessandra: «Ormai non seguo più di tanto la parte commerciale, ma mi capita talvolta di andare a visitare dei clienti sia per mantenere i rapporti sia per capire come si stanno evolvendo e subito dopo il lockdown, un momento in cui i prezzi erano saliti in modo molto forte generando sconcerto e un po’ di ansia, mi ero resa conto che da parte dei nostri interlocutori c’era il bisogno urgente di confrontarsi, di capire come interpretavamo i dati, che sensazioni avevamo sul prossimo futuro, come vedevamo in prospettiva le cose. D’altro canto noi dovevamo e dobbiamo documentarci per poter poi operare le nostre scelte. Da qui è nata la decisione di condividere queste informazioni con i nostri clienti, cosa che è stata così apprezzata da indurci a continuare». La prova del nove della bontà dell’iniziativa è che alcuni competitor l’hanno copiata, pur se in modo più superficiale. Infatti se SANGOI si impegna in sintesi e rielaborazioni dei dati, gli altri si limitano a indicare delle fonti a cui accedere per trovare le informazioni.

 Si tratta peraltro di uno strumento connotante dello spirito «di servizio» dell’azienda, prova tangibile della capacità di prestare attenzione a ogni necessità dei clienti. Tailor made è l’espressione che qui viene usata per definire questo approccio, prima di tutto alla produzione: si va incontro alle esigenze specifiche in modo molto personalizzato. E pazienza se c’è un rovescio della medaglia, «rispetto ad altri nostri competitor, non siamo quelli che hanno gli impianti più automatizzati perché sarebbe in contrasto con il nostro modo di lavorare». Anche questo è un valore di SANGOI.

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