Il branding è sempre più strategico per le aziende B2B
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15 giugno 2021: è la data che il recente DPCM ha stabilito per l’apertura delle fiere in Italia. Gli addetti al settore gioiscono. Le aziende espositrici guardano alla rinnovata opportunità come occasione di business. I visitatori si dividono tra scettici e ottimisti. Quel che è certo è che la macchina fieristica – nella sua più ampia accezione – si rimette in moto: un grande e super-organizzato alveare di professionisti e professioni che di concerto danno vita a eventi unici e imperdibili per il B2B e B2C.
A livello mondiale, secondo i dati UFI (Global Association of the Exhibition Industry), nel 2018 le 32.000 fiere che sono state organizzate hanno generato un impatto economico pari a 275 miliardi di euro, contribuendo per 167,2 miliardi sul PIL mondiale. Come anche sottolineato da Giovanni Laezza, presidente di AEFI-Associazione Esposizioni e Fiere Italiane: “ogni anno il comparto italiano coinvolge circa 200.000 espositori e 20 milioni di visitatori, genera affari per 60 miliardi di euro e dà origine al 50% delle esportazioni delle imprese che vi partecipano”.
Ma quanto sono davvero importanti le fiere per un’azienda del B2B?
Gli eventi di settore sono un ottimo trampolino di lancio per attuare una lead generation di successo. La presenza e partecipazione attiva, soprattutto in eventi internazionali, è strategica nell’ottica di generare business e relazioni di valore. I visitatori – che sono di fatto prospect o lead per gli espositori – vengono sollecitati e ingaggiati in un momento in cui la loro attenzione e propensione al business è più alta; in una fase in cui la concentrazione sul tema è massima.
Certamente partecipare è il primo passo. Il COME definisce la riuscita o meno della presenza in fiera. Quelle che in gergo markettaro sono chiamate ROI – Return On Investments. È inutile nascondersi dietro a un dito: gli eventi costano! Costano tempo, denaro, energia, risorse. Ecco perché è fondamentale che siano un SUCCESSO, quanto più possibile, per l’azienda. Un tema talmente strategico che già da un po’ di tempo è diventato una sorta di branca della comunicazione: il Marketing Fieristico. Inteso come l’insieme delle strategie e delle azioni progettate e messe in campo prima – durante – e dopo l’evento con l’obiettivo di aumentare la visibilità dell’azienda e massimizzare l’investimento.
Oggi essere in fiera è il primo passo. Ma non è più sufficiente. Bisogna mettere in campo un mix di strumenti di comunicazione vario e dinamico che supporti e potenzi lo sforzo iniziale. La partita, infatti, in questi contesti – soprattutto se internazionali – non si gioca più (o non solo più) sul terreno del prodotto in senso stretto. Per essere competitivi e farsi ricordare – e quindi stabilire relazioni di valore con gli interlocutori che generino business nel tempo – si deve scendere anche nel campo delle emozioni: creare un engagement attraverso un’esperienza diretta che coinvolga la sfera emotiva e cognitiva in grado di suscitare emozioni e ricordi coerenti nel tempo. Creare un’emozione oggi, per raccogliere i frutti domani. È quindi fondamentale strutturare un’esperienza che non sia fine a sé stessa, ma che attraverso un’interazione logica e coerente con la visione, la cultura e la realtà dell’azienda trasformi la fiera in un’esperienza di condivisione. È la cultura d’impresa e di prodotto che si esprime in forma concreta.
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