Cultura

Piccolo Lemmario della Cultura d’impresa: #RESPONSABILITÀ

La buona notizia è che sempre più imprese in Italia investono in attività CSR (Corporate Social Responsability) e in ambiti riconosciuti come ESG (Environmental, Social & Governance). Secondo il 10° Rapporto sull’impegno sociale, economico e ambientale delle aziende in Italia, promosso dall’Osservatorio Socialis, ben il 96% di esse (il campione è di 400 aziende con più di 80 dipendenti) ha speso nel 2021 una media di 282.000 euro per azioni legate alla responsabilità sociale, una cifra in aumento del 17% rispetto al 2019. Non solo, ma le previsioni per il 2022, che dovrebbero essere confermate dal prossimo Rapporto – il documento viene pubblicato ogni due anni – indicano che il trend non dovrebbe subire inversioni: cresce infatti il numero delle imprese che ha confermato il budget per il 2022 (62% rispetto al 40% del 2020) mentre si è ridotto quelle delle imprese che lo ha ridotto o annullato (27%) e anche la percentuale di chi non aveva previsto alcun stanziamento (6%).

Questi numeri sembrano indicare che ormai l’attenzione nei confronti dei valori della responsabilità sociale è stata incorporata nel DNA delle imprese sia perché ne rafforzano immagine e reputation, sia perché viene aumentata la motivazione del personale e si migliora quindi il clima interno sia, infine, perché si ampliano le opportunità di mercato. Non è quindi un caso che l’82% del campione vagliato dal Rapporto abbia nel proprio organico una figura specifica che segue tali attività.

Ma per fare un po’ di chiarezza, cominciamo col dare una definizione precisa della CSR. Rifacciamoci alla Comunicazione UE n.681 del 2011: la Corporate Social Responsability è “la responsabilità delle imprese per gli impatti che hanno sulla società”, in altre parole, un’impresa socialmente responsabile deve preoccuparsi non soltanto dei clienti, ma anche del personale, dei fornitori e di tutto quello che circonda l’azienda, cioè il territorio. E questo, a sua volta, è l’effetto dell’identificazione dell’impresa stessa con tutta una serie di valori che vanno oltre la sfera economica e che potrebbero essere raggruppati sotto l’etichetta “volontà di migliorare il mondo”.

Le attività che ricadono nell’ambito della CSR sono le più varie. Molte si indirizzano alla salvaguardia dell’ambiente, come Lavazza che tra i suoi progetti di sostenibilità a 360° ne annovera due che hanno l’obiettivo di salvare quella che viene definita “il polmone della Terra” e cioè la foresta amazzonica, minacciata dal dissennato abbattimento degli alberi per lasciare posto ad attività redditizie come l’allevamento e l’agricoltura. Lavazza ha infatti avviato un piano di piantumazione di noci dell’Amazzonia nelle zone più degradate della foresta con lo scopo sia di ricostituire il patrimonio verde con una benefica ricaduta per il nostro pianeta (ricordiamo che ogni pianta di questa specie, il cui nome scientifico è Bertholletia excelsa, può immagazzinare nella sua vita fino a 64.000 kg di anidride carbonica, tanto per dare un’idea riscaldare un appartamento di 60 metri quadrati comporta 20 kg di anidride carbonica al giorno ) sia di sostegno economico alle comunità locali che possono avviare attività di raccolta, lavorazione e commercializzazione dei frutti rendendosi quindi meno disponibili a cooperare alla deforestazione. Inoltre l’impresa sostiene in Ecuador un progetto di produzione sostenibile di caffè nell’area amazzonica, a “deforestazione zero”, aumentando la qualità e la quantità del caffè coltivato in 23 province confinanti con la foresta: così facendo si riduce la tendenza ad abbattere nuovi alberi perché il reddito dei coltivatori comunque migliora.

Ma l’ambiente di cui ci si interessa può essere anche quello prossimo all’azienda. Un esempio virtuoso quello del Gruppo Illiria che da Udine crea e gestisce aree ristoro con distributori automatici. Il suo fiore all’occhiello nel campo della CSR è il progetto “Nontiscordardime”, nato nel 2019: si tratta di una campagna di sensibilizzazione ambientale per promuovere la corretta gestione dei rifiuti plastici con la collocazione, in aree molto frequentate e nelle spiagge, di grandi ceste per la raccolta di bottiglie di plastica usate. Poi, per ogni bottiglietta raccolta il gruppo eroga 10 centesimi destinati a finanziare progetti per il territorio. Più “romantica” è l’adozione di alcuni alveari bio in Friuli-Venezia Giulia, contribuendo così a proteggere questi insetti ecologicamente fondamentali in quanto responsabili del 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali della Terra.

Altre attività di CSR hanno come destinatari persone o gruppi bisognosi. I.CO.P., società di edilizia con sedi in 14 Paesi, è particolarmente attiva nel campo dell’housing sociale nella propria regione, il Friuli- Venezia Giulia con l’obiettivo di offrire alloggi, servizi e altre forme di aiuto a chi non riesce a trovare una soluzione abitativa oppure a chi si trova in condizioni di svantaggio economico e/o culturale. Ma il suo sguardo si rivolge anche lontano dall’Italia con una serie di progetti, alcuni già avviati e altri in divenire nel sud del Sudan che vanno dall’organizzazione di corsi di base e professionali connessi al mondo dell’agricoltura e non solo, alla creazione di un’azienda agricola sostenibile che migliora l’autosufficienza alimentare della comunità in cui è inserita, dalla fondazione di una branch no-profit configurata come un incubatore di impresa sociale all’aiuto al mondo femminile attraverso la creazione di orti.

Il welfare aziendale è uno dei campi nei quali più si esplica la “creatività” della CSR: che si tratti di salute e assistenza o di formazione piuttosto che di conciliazione casa-lavoro oppure ancora di inclusione dei soggetti deboli e di integrazione degli immigrati oppure di sostegno alle famiglie per l’istruzione e la cultura, tutti gli interventi portano a rafforzare il legame tra l’impresa e i soggetti con i quali essa interagisce, i dipendenti, ma anche le aziende della filiera produttiva e la comunità locale. Il rapporto Welfare Index PMI 2022, iniziativa promossa da Generali Italia con la collaborazione delle maggiori Confederazioni italiane, evidenzia come nel campione preso in esame – composto da oltre 6.500 imprese – tutte abbiano aumentato il loro livello di welfare, in alcuni casi addirittura raddoppiandolo. E va sottolineato che tale campione include anche microimprese, cioè con un numero di dipendenti inferiore a 10: di queste ben il 15% ha raggiunto dei livelli elevati di welfare aziendale. Una è la Progesto, il cui core business è il settore della sicurezza industriale. In questa azienda, che insieme ad altre 120 ha ottenuto il massimo punteggio del Rating Welfare Index 2022, ogni dipendente gode di un plafond spendibile su piattaforma per vari servizi, spese scolastiche, acquisto di carburante, spese mediche, viaggi, iniziative culturali eccetera, e il dettaglio interessante è che la piattaforma include non solo i grandi erogatori di servizi, ma anche i piccoli esercenti di paese per dare sostegno alla microeconomia del territorio. Inoltre Progesto contribuisce per il 50% al costo della mensa aziendale, concede flessibilità per la gestione degli impegni personali dei dipendenti, facilita il lavoro da remoto con l’assegnazione a tutti di un computer portatile e per alcune figure professionali anche di un IPad ed eroga formazione anche in campi non strettamente connessi al campo del lavoro tant’è che ha offerto la possibilità di avvalersi di un consulente finanziario per informarsi sulla corretta gestione dei propri risparmi.

Infine rientra nelle attività CSR anche il patrocinio di iniziative culturali e artistiche. Spesso sono i “giganti” dell’imprenditoria a farsene promotori, ma ci sono progetti molto interessanti anche da parte di aziende con dimensioni decisamente minori. Acqua di Parma, nota maison profumiera e cosmetica fondata a Parma dal 1916 e oggi parte del mondo LVMH, ha nel 2022 lanciato la ColLab-Colonia Laboratory con un’iniziativa in collaborazione con IED, una delle più importanti scuole di design, comunicazione e arti visive in Italia, e rivolta a giovani designer. Ognuno di essi – erano 6 – ha potuto lasciare libero sfogo alla propria creatività proponendo un tema che poi è stato applicato a una limited edition della classica fragranza. In tutto 300 flaconi, una vera e propria collezione d’arte, che il cliente poteva anche personalizzare interagendo con l’artista per trovare un segno individuale e unico per il proprio flacone. Un’iniziativa di business certo, ma dal benefico effetto di sostenere il mondo giovanile in un ambito di accesso molto difficile.

Il comune denominatore di tutte queste case history? È senza dubbio il fatto che l’azienda si fa promotrice di un cambiamento sociale, dimostrando con i fatti di non avere a cuore solo il profitto.

E a proposito di fatti e di concretezza, quando si parla di CSR non sfugge il rischio di imbattersi nel cosiddetto Greenwashing (anche nelle sue declinazioni: Pinkwashing, Healthwashing eccetera), vale a dire di quella strategia di marketing ingannevole che punta a dimostrare un falso impegno nei confronti dell’ambiente (o delle donne oppure ancora della salute degli stakeholder). La finalità? Ovviamente quella di catturare quella fetta di clientela sensibile ai temi della responsabilità sociale e della sostenibilità. In passato ci sono stati casi clamorosi, oggi è meno facile perché c’è un maggior controllo da parte degli enti preposti, perché si sono diffuse le certificazioni ambientali che dimostrano l’aderenza dell’impresa a ben precisi requisiti e perché le aziende che dichiarano il loro impegno nei confronti della CSR devono poi annualmente divulgare i risultati ottenuti tramite il report di sostenibilità.

Però, se veramente vogliamo che l’imprenditoria sia sempre più spinta sulla strada della CSR, anche tutti noi dobbiamo fare la nostra parte. Non è poi così difficile: bisogna essenzialmente dimostrare più attenzione nel decodificare i messaggi che riceviamo dal mondo produttivo. Occorre prima di tutto informarsi (e oggi i mezzi non mancano), imparare a diffidare delle dichiarazioni d’intenti e restare invece ben ancorati a quanto l’azienda fa effettivamente, cominciare a leggere con attenzione quanto dichiarato sul packaging dei prodotti a partire dalle certificazioni, prestare attenzione al linguaggio utilizzato nella comunicazione e nella pubblicità, se troppo vago e generico o, viceversa, troppo tecnico, tanto da risultare incomprensibile e ai visual eccessivamente evocativi. E poi occorre considerare l’intera filiera: dare fiducia a quelle imprese che possono dimostrare di aver imposto un codice etico a tutte le realtà con cui collaborano che si impegnano così a rispettare gli stessi valori dell’impresa stessa. Uno sforzo certo, ma per un mondo migliore.

Per scaricare il 10° Rapporto sull’impegno sociale, economico e ambientale delle aziende in Italia promosso dall’Osservatorio Socialis, il link è:

https://www.osservatoriosocialis.it/rapporto-csr/

Per approfondire i dati del Welfare Index PMI 2022 vai al link:

https://www.welfareindexpmi.it/wp-content/uploads/2022/12/Rapporto-WIPMI-_2022.pdf

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