Cultura

Piccolo Lemmario della Cultura d’impresa: #INNOVAZIONE

Ancora una volta è stato Steve Jobs a sintetizzare nel modo più efficace l’importanza dell’innovazione per un’impresa quando disse che è ciò che distingue un leader da un follower, chi guida da chi invece segue (e insegue) sempre. Si tratta di uno dei valori cardine della buona cultura d’impresa: se i “piedi” di un’azienda devono essere saldamente ancorati al terreno fertile della sua storia, quindi alla memoria e al passato, lo sguardo invece deve sempre puntare “oltre”, verso nuovi traguardi, nuovi prodotti, nuove trasformazioni.

Tuttavia, quando si parla di innovazione relativamente a un’impresa, due equivoci sono sempre in agguato. Il primo è confonderla con la creatività, come se i due termini fossero sinonimi tra loro. No, non sono la stessa cosa anche se esprimono due concetti strettamente correlati nei fatti. Cominciamo quindi col fare un po’ di chiarezza. La creatività consiste nell’utilizzo dell’immaginazione per creare, appunto, qualcosa di nuovo, originale e unico, prima non esistente: può essere tangibile, per esempio un’opera d’arte, oppure intangibile come una teoria. Essere creativi comporta il saper guardare al mondo e alla realtà circostante in modo diverso dagli altri, ecco perché un atto creativo può comportare anche una certa dose di travaglio interiore come ben sanno molti artisti (e anche qualche scienziato). L’innovazione invece consiste nell’implementazione di qualcosa di esistente, sia esso un prodotto, un processo, un servizio, un modello di business, per migliorarlo. Certo, alla base di ogni innovazione c’è sempre un’idea creativa che però deve essere applicata in un ambito di mercato. E non è una differenza da poco. In più, mentre la creatività non è misurabile, esistono parametri che consentono di valutare la capacità innovativa di un’impresa e quest’ultima comporta sempre una quota di rischio che invece è sconosciuto alla creatività.

Una volta sgombrato il campo da misunderstanding possiamo spostarci al secondo equivoco: l’innovazione esclusivamente focalizzata sul prodotto, sulle sue caratteristiche o sulle modalità della sua produzione o della sua comunicazione o ancora della sua vendita. Niente di più erroneo: l’innovazione riguarda tutti gli aspetti dell’ecosistema impresa, incluse la gestione delle risorse umane, l’organizzazione interna, la sostenibilità e i rapporti con gli stakeholder. In altre parole, la complessità del panorama odierno richiede di adottare una nuova visione dell’impresa che valorizzi tutti i dipendenti dando spazio ai talenti di ciascuno, modifichi gli stili di leadership e coinvolga il territorio attraverso collaborazioni virtuose con realtà diverse in esso presenti.

Nel Made in Italy la tendenza a innovare è un caposaldo prezioso, alla base del suo apprezzamento in tutto il mondo. Ha a che fare con la nostra visionarietà nutrita di cultura umanistica e sposata alla sapienza tecnologica e alla capacità manufatturiera, con l’aggiunta di una buona dose di coraggio imprenditoriale: questa la ricetta che ha consentito di “sfornare” nel tempo prodotti sofisticati e di successo. Un esempio fra i tanti? L’interesse delle aziende italiane per il cosiddetto Web3, la terza generazione della rete che si avvale di tecnologie del tutto innovative come l’Augmented Reality, la Virtual Reality, l’Intelligenza Artificiale, gli NFT, la Blockchain. Di recente è stata pubblicata una ricerca, “Web3 e Metaverso Survey 2022”, condotta da Web3 Alliance e Innovation Group, che ha fotografato l’atteggiamento di 142 aziende italiane, di diversa dimensione e settore, nei confronti di queste nuove prospettive e che riserva più di una sorpresa. Innanzitutto il 75% delle imprese coinvolte nella survey afferma di avere interesse per il fenomeno e di questi addirittura il 7% ha già un progetto pilota. Non solo, le aziende sembrano averne colto le opportunità per il business: il 52% cita la possibilità di entrare in nuovi mercati e (il 45%) di sfruttare nuovi modelli legati alla socialità delle persone e ci si attende di veder aumentata la riconoscibilità del proprio brand, di ampliare la clientela, di fidelizzarla e di sviluppare nuove aree di offerta. E se parliamo di investimenti, ci sarà una crescita media di 2 punti percentuali dal 2022 al 2023. Numeri piccoli? Forse, ma che segnalano ancora una volta la capacità delle imprese italiane di proiettarsi

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