Branding

Non ho ancora capito se il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno!

Cambiare paradigma alla comunicazione digital.

In fatto di bicchieri ne sappiamo… il giusto! Ma se parliamo di bicchieri di comunicazione, ne sappiamo a sufficienza per mixare un cocktail di brand positivity, negativity bias, comunicazione digitale e, come guarnizione, intelligenza artificiale. Non siamo impazziti; l’estate arriva, ma il caldo non ci dà alla testa! Oggi vogliamo fare una riflessione sul tema del brand online: in che modo la brand positivity o la brand negativity (a seconda di come si guarda il famoso bicchiere) può influenzare le strategie di comunicazione? E come i brand possono sfruttarle a loro favore?

Certo, nel mondo del B2C sicuramente è più semplice e immediato da percepire e comprendere. Ma l’evoluzione della comunicazione B2B, verso strategie e canoni più vicini ai paradigmi del mondo H2H, apre le porte ad una analisi più ampia ed omnicomprensiva. 

INTERNET: DEUS EX MACHINA DI OGGI

Ogni giorno, miliardi di persone – nel mondo – scelgono internet come primo punto di contatto per la ricerca di informazioni e per fruire contenuti. Internet è veloce, attuale, istantaneo. È globale e locale allo stesso tempo. Ma, guardando la medaglia dall’altro lato, è anche onnivoro di tempo, alienante la dimensione dello spazio e della percezione di noi stessi e di noi stessi nei confronti dei brand. Ed è, oggi, il campo principale di competizione e di comunicazione della marca: qui si gioca la partita dell’engagement degli utenti. Motori di ricerca ottimizzati, azioni di content marketing persuasivo, SEO e SERP ossessivamente inseguite, SEA sempre più spinta, clickbait e ricerca del contatto/visualizzazione. Chi vince? E soprattutto come vincere? Perché, sia che si tratti di B2C, sia che si tratti di B2B l’obiettivo finale è trasformare quell’engagement così strenuamente conquistato in un acquisto/vendita. Ovvero chiudere il funnel. Una mano arriva anche dall’Intelligenza Artificiale che – come dice la parola stessa – sta evolvendo rapidamente in risposta a bisogni che evolvono con lo scopo finale di essere sempre più performante e di supporto nella creazione di contenuti che siano attrattivi. In sostanza parliamo di una persuasione più o meno forte, più o meno efficace che condiziona – attraverso la rete e i motori di ricerca – le scelte degli utenti.

NEGATIVITY BIAS: PERCHÈ UN BICCHIERE MEZZO VUOTO È MEGLIO. MOLTO MEGLIO.

Attenzione: non è che non si possano scegliere gli ingredienti del cocktail preferiti. L’arbitrio è ancora una libera scelta.  Semplicemente ci sono alcune tecniche che portano l’utente involontariamente a scegliere sempre lo stesso mix. Magari con ingredienti in quantità e dosi diverse, ma sempre – di fondo – con la stessa composizione. Perché questo? Semplice: in guerra – così come in amore – l’obiettivo finale è prevalere ed il limite del lecito diventa un confine un po’ evanescente in nome di un risultato da perseguire ad ogni costo. Non è un caso che oggi la rete sia percepita come un ambiente (digitale) non sicuro in cui si rischia di perdere sé stessi. Soprattutto se molto giovani. 

E qui entra in gioco il NEGATIVITY BIAS. Cos’è? La facciamo semplice: le persone sono più portate a focalizzarsi, a ricordare o ad essere più reattive nei confronti di stimoli negativi, rispetto a quelli positivi o neutri. Come si collega, questo, al digital? Semplice: i contenuti digitali che puntano alla base di questi stimoli – come la rabbia, la paura, l’odio o l’invidia – sono gli stessi che gli utenti tendono a visualizzare online più a lungo. Perché fregati dal loro stesso cervello. E c’è di più. Il mondo anglosassone ha coniato anche una parola per questo: doomscrolling ovvero la tendenza a cercare e fruire contenuti negativi per tanto tempo. 

E non c’è speranza?

LA SPERANZA È NELLO ZUCCHERO

Eh sì, la speranza è nello zucchero. Quello di Mary Poppins; per far scendere la pillola di amarezza. O, per restare in metafora, quello che serve per addolcire il nostro cocktail. Perché se è vero che il negativo attrae molto di più del positivity, è altrettanto vero che un messaggio positivo e ispirazionale muove alla fiducia nel brand e dunque ad un acquisto basato su un impulso buono. E, verosimilmente, durevole nel tempo.

QUINDI COM’È QUESTO BICCHIERE: VUOTO O PIENO?

E quindi come fare? Cosa chiedere al brand oggi? La risposta ci viene da grandi colossi come Pinterest che – in una intervista recente – ha sottolineato l’importanza di investire sulla positività della comunicazione digitale. Innanzitutto per creare un mondo online che sia più sicuro e in cui guardare ai risultati economici e di successo della propria comunicazione pensando a creare un engagement che guardi al benessere delle persone, a creare incoraggiamento e sollievo piuttosto che ansia, disinformazione e rabbia. Per creare un ecosistema fondato sulla positività a tutto tondo. Con la tecnologia e l’Intelligenza Artificiale a fare da guarnizione e substrato tecnologico fondamentale. 

CONCLUSIONI

Cosa ci insegna tutto questo? Che, come sempre, non esiste un modo univoco di guardare alla complessità della comunicazione. Che sono sempre esistite e sempre esisteranno strategie – più o meno lecite, più o meno funzionali – per persuadere ad un certo comportamento o spingere ad una determinata scelta di acquisto. Ma anche che cum grano salis si possono trovare strade di contaminazione che possano portare engagement e interesse intorno ad un brand senza, necessariamente, cavalcare l’onda della negativity.  

Noi in Studio chiesa abbiamo sempre preparato bicchieri di cocktail mezzi pieni. Con la giusta dose di zucchero, sale e… gli ingredienti li scegli tu. Noi li mixiamo per darti una comunicazione su misura, contemporanea e fuori dal coro. D’altro canto sei sul nostro Workout; qui le idee non mancano!

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