Heritage al femminile:
Workout magazine incontra Cristina Fresia di Fresia Alluminio S.p.A.
Irene è una ragazza rotta nell’anima. A 8 anni ha assistito alla morte del padre, investito da un pirata della strada di cui lei non è mai riuscita a ricostruire il volto, e quell’evento traumatico l’ha segnata duramente rendendola violenta e rabbiosa nei confronti del mondo, perfino della madre colpevole solo di essersi rifatta una vita. Dopo aver abbandonato anzitempo la scuola e il nuoto agonistico di cui è una giovane promessa, decide di farsi assumere come operaia in un’azienda il cui titolare è Michele, che cela i suoi tormenti interiori dietro una maschera glaciale e scostante e che per questo motivo non è particolarmente amato dai suoi dipendenti a parte l’autista, Samuele, ex detenuto, che gli è grato per avergli dato una possibilità di riscatto all’uscita dal carcere.
Al primo casuale incontro con Irene, Michele resta scioccato: ha riconosciuto la bambina che tanti anni prima dal bordo della strada lo fissava con gli occhi sbarrati per l’orrore della scena. Era infatti proprio lui, all’epoca giovane sbandato dedito all’alcol e alle bravate a uso e consumo di amici e fidanzate, alla guida dell’auto quel maledetto giorno.
All’inizio Michele è combattuto tra il desiderio di licenziare con una scusa qualsiasi Irene e l’impulso a occuparsi di lei, quasi a volerla risarcire per quanto fatto, ma ben presto i suoi sentimenti cambiano trasformandosi in un’attrazione ricambiata dalla ragazza che non sa di avere a che fare con l’assassino del padre.
Mi fermo qui per non spoilerare il finale del film L’uomo sulla strada diretto da Gianluca Mangiasciutti con un’intensa Aurora Giovinazzo nel ruolo di Irene e Lorenzo Richelmy in quello di Michele.
Cosa c’entra il film con Fresia Alluminio S.p.A., impresa del Torinese specializzata in sistemi per serramenti in alluminio ad alta efficienza energetica? Presto detto: un terzo abbondante delle riprese, quelle che vedono Irene operaia, sono state girate proprio nello stabilimento e nei magazzini di Volpiano. Me lo racconta Cristina Fresia, A.D. assieme al fratello Valentino, con il suo sorriso contagioso e l’entusiasmo che traspare da ogni parola che riguarda la sua azienda: “L’Unione Industriali di Torino mi aveva segnalato che la casa di produzione Eagle Pictures cercava una location per le parti del film ambientate in fabbrica, avevano pensato a Fresia Alluminio e io ho subito acconsentito. A dire la verità erano in lizza altre aziende. A dicembre 2021 c’è stato un primo sopralluogo e il mese successivo ho saputo che era stata scelta la nostra”. Gli aneddoti su quei giorni così diversi dalla routine quotidiana sono tanti e diventano ancora più godibili per la verve con cui sono narrati. Uno per tutti: “Alcune scene erano previste negli interni e gli uffici del piano superiore si aprono su un corridoio che era bianco con una striscia rossa (il rosso è il colore “firma” dell’azienda e si ritrova un po’ ovunque, a partire dal logo n.d.r.). Al regista non piaceva e forse creava anche qualche problema tecnico nelle riprese. Ci hanno perciò proposto di ritinteggiare il corridoio in grigio utilizzando poi le nostre barre di alluminio come elemento decorativo, con la promessa di riportare l’ambiente allo stato originario non appena le lavorazioni fossero terminate. Risultato: fantastico! Allora mi sono detta: ma io me lo tengo così!”. Già da queste parole emerge la personalità positiva ed effervescente di questa “capitana” che è entrata in azienda a 23 anni e non ne è mai più uscita affrontando anche crisi aziendali e problemi famigliari con piglio decisionale strong e al contempo con un’invidiabile leggerezza.
Ma andiamo con ordine.
Tutto comincia negli anni Trenta con un piccolo negozio di ferramenta in Corso Giulio Cesare a Torino aperto da Valentino Fresia, nonno di Cristina e Valentino, e poi passato al loro padre e allo zio. Coppia di fratelli dai caratteri molto diversi: “In ogni famiglia ci sono sempre l’elemento innovatore e quello conservatore – dice Cristina –, mio padre Ezio, il più giovane, era l’innovatore e nella sua intraprendenza decise di acquistare una seconda ferramenta e successivamente un’altra ancora, dando il via a un’attività da grossisti. La svolta ci fu quando in un magazzino trovò una barra di alluminio e cominciò a farsi delle domande”. Già, a che cosa servivano? Gli si schiuse un mondo nuovo: le barre erano utilizzate per costruire serramenti ed Ezio Fresia capì, in forte anticipo rispetto ai tempi, che quello sarebbe stato il futuro di porte e finestre. Cominciò così un paziente lavoro di convincimento e “alfabetizzazione” dei fabbri suoi clienti per spiegare i vantaggi di quel materiale nobile, più leggero e più facile da lavorare: “Mio padre ha creato il mercato dei serramenti in alluminio in Piemonte e organizzando dei veri e propri corsi ha fatto crescere una generazione di professionisti”. Che poi hanno “passato” il loro rapporto con Fresia ai figli e questi ancora ai loro figli con una fedeltà che è la testimonianza più lampante non solo della qualità del prodotto, ma anche della solidità di una relazione che travalica il professionale. “Noi siamo un b2b umano – Cristina ha una luce orgogliosa nello sguardo – ci consideriamo una sorta di grande famiglia, se c’è una lamentela non la facciamo disperdere nei rivoli delle gerarchie aziendali, da titolare a titolare ci si chiarisce subito”.
Due realizzazioni di Fresia Alluminio.
Negli anni Settanta viene fondata Fresia Alluminio che si affianca a Fresia Ferramenta con un “intoppo” gestionale che si viene ben presto a delineare: sia Ezio Fresia che il fratello hanno un figlio e una figlia a testa e in una prospettiva futura sei persone tutte contemporaneamente alla guida di due aziende comportano un’operatività faticosa. Sarà Cristina, la “piccola” della famiglia, a suggerire la soluzione: meglio dividere i destini, ognuno dei due fratelli “capostipiti” con i relativi figli si prenderà in carico un’azienda e la gestirà in modo indipendente. Ezio sceglie l’alluminio.
I figli lo seguono. Cristina in particolare questa idea l’ha ben ponderata: ha scelto di frequentare la Scuola di Amministrazione Aziendale, ai tempi un corso parauniversitario dall’approccio pratico, ma molto intenso, consapevole che quella sarà la sua porta d’ingresso nell’impresa di famiglia – “D’altra parte – e qui Cristina non risparmia un pizzico di ironia – nella testa della gente resta fissa la convinzione che in un’azienda le donne devono seguire la contabilità”. Il suo primo lavoro è però diverso: è la gestione del personale. Un settore che a suo padre non piaceva, ma in cui lei ancora oggi si sente a suo agio: “Sono predisposta all’attenzione per le persone. Ho sempre cercato di mettere i collaboratori in condizione di lavorare meglio, per esempio appena arrivata in azienda ho sostituito la timbratrice con il badge elettronico che semplificava l’entrata e l’uscita, ho messo in cantina le macchine da scrivere introducendo i sistemi di videoscrittura per evitare che si dovessero ribattere le lettere all’infinito, ho da subito privilegiato l’innovazione informatica per migliorare l’operatività quotidiana in tutti i campi”. E per quanto concerne il lato relazionale aggiunge: “Ho sempre fatto di tutto per salvaguardare il rapporto umano anche quando ho dovuto licenziare qualcuno e i messaggi di stima o i semplici auguri di Buon Natale che ho continuato a ricevere anche da queste persone, sono la prova dell’importanza di procedere in questi frangenti con chiarezza e rispetto”.
Certo all’inizio c’è qualche ingenuità, forse anche qualche errore, figli soprattutto della vicinanza psicologica con i dipendenti: tutti si ricordavano di lei ragazzina, cresciuta praticamente tra casa e azienda, c’era una famigliarità resa più stretta dalla scelta friendly di dare del tu senza distinzioni… le era difficile dire di no alle richieste che le venivano fatte. “Ma così ho commesso anche delle ingiustizie creando disparità di trattamento che poi alimentavano malumori… Ho approfittato della crisi per resettare il mio comportamento”.
Già, la crisi del 2013-2014, il momento in cui la vita lavorativa di Cristina prende una sliding door che salverà l’azienda e renderà lei pienamente conscia delle proprie capacità e possibilità: “Posso dire che prima ero una ragazza e uscita da quel frangente ero diventata una donna”. È una fase critica per il mercato dei serramenti perché l’edilizia sta soffrendo: – 37% di nuove costruzioni, più di 11.000 imprese fallite sono i disastrosi numeri del 2013. In Fresia Alluminio precipitano le commesse proprio quando bisognerebbe invece cominciare a rientrare dai debiti contratti con le banche per i grossi investimenti fatti sul fronte dell’ammodernamento dei magazzini. E proprio a quel punto accade l’impensabile: Valentino, il fratello di Cristina che in azienda si occupa da sempre di prodotto, si ammala seriamente e il padre cade in depressione, due pilastri dell’impresa improvvisamente vengono a mancare e l’azienda vacilla.
È la positività di Cristina a puntellarla: “In quel momento ho detto: ma ci sono io! Conosco bene l’azienda, il prodotto lo posso imparare, posso farcela”. Comincia così una lunghissima trattativa con le banche a cui si presenta con la dignità di chi non vuole mendicare, ma solo chiedere tempo proprio come fanno i suoi clienti quando sono in difficoltà. “Da buoni piemontesi manteniamo sempre la parola data” è una bella frase, ma immagino non abbia colpito più di tanto gli interlocutori che invece si lasciano convincere dall’atteggiamento solido e dall’approccio concreto, fatto di numeri, di questa giovane imprenditrice che ispira fiducia. Sarà comunque una strada difficile, Cristina deve anche gestire l’azienda nella sua globalità, non esita a chiedere aiuto ai dipendenti a cui in modo trasparente spiega la situazione e dopo una decina di anni di sacrifici da tutti i punti di vista, quel momento è archiviato, fratello e padre sono nuovamente operativi in azienda e si tira un sospiro di sollievo. “Le crisi servono per crescere” chiosa e capisco che per lei non è una frase fatta.
Fresia Alluminio è una bella azienda, in tutti i sensi come fra poco vedremo. Prima di tutto per l’alto tasso di innovazione che investe ogni aspetto del ciclo produttivo. Fiore all’occhiello sono i tre modernissimi magazzini completamente automatizzati che gestiscono le operazioni di stoccaggio e poi di preparazione della merce da consegnare, ottimizzando i tempi e azzerando i tassi di errore. La scelta di avere un programmatore interno è stata lungimirante sia perché ha creato i presupposti per lo sviluppo di programmi ad hoc, “tagliati” perfettamente sulle esigenze dei vari comparti aziendali, sia perché ha dato la possibilità a Fresia Alluminio di offrire servizi aggiuntivi, ed esclusivi, ai suoi clienti. Un esempio è il Termosoftware, un programma per il calcolo della trasmittanza termica dei serramenti che in parole povere è una misura dell’isolamento termico che essi offrono. È un’operazione difficile, ma necessaria per l’accesso alle detrazioni fiscali che si possono ottenere solo se vengono rispettati determinati valori minimi. Il fatto è che i limiti della trasmittanza non sono sempre uguali ovunque, ma variano a seconda delle zone climatiche e di altri fattori che il serramentista deve tener presente nella fase di calcolo. “Ci siamo subito resi conto – dice Cristina – che i nostri artigiani avrebbero avuto bisogno di un supporto informatico e abbiamo perciò deciso di aiutarli con questo software, da noi creato e poi validato dal Politecnico di Torino. È sufficiente introdurre pochi semplici dati e il programma fa tutto da sé con un bel risparmio di tempo e con un margine di errore pari a zero. Ed è anche del tutto gratuito”.
Sul fronte prodotto, una felice intuizione di Valentino Fresia, tradottasi poi in un’intera serie di serramenti sostenibili, è la Gamma NEO, barre composte da alluminio di riciclo e strisce di poliammide anch’esse rigenerate, che mantengono inalterate le prestazioni in termini di isolamento acustico e termico e di durabilità: oggi un successo green, ai tempi una novità accolta tiepidamente dal mercato. L’orgoglio è di aver ottenuto per questi prodotti la certificazione EPD®, un riconoscimento prestigioso di sostenibilità ambientale che è ancora raro incontrare nelle PMI. Altre certificazioni, tra le quali anche alcune non obbligatorie, ma che testimoniano l’attenzione dell’impresa nei confronti non solo dell’ambiente, ma anche della qualità della produzione, sono elencate in quello che si può considerare il “manifesto” operativo di Fresia Alluminio dal bel nome di “Profilosophy” che con un guizzo di autoironia sottolinea che l’attività che qui viene portata avanti risponde a una concezione ben precisa del business, che travalica i puri numeri.
La sostenibilità sociale si esplica in più di 500 ore di formazione dei dipendenti sul tema della sicurezza e sull’implementazione delle cosiddette soft skills considerate sempre più importanti sia all’interno che nei confronti dell’esterno. Prima del Covid c’era stato anche il progetto di un’Academy nella quale insegnare ai ragazzi a fare i serramentisti: la pandemia lo ha fermato e oggi resta come un’opportunità da sviluppare eventualmente nei prossimi anni. Però Cristina ci tiene a raccontare un progetto in fase di realizzazione con il corso di laurea in marketing dell’Università di Torino, che vede 25 ragazzi cimentarsi in un’indagine di mercato sul mondo dei serramenti: “C’è bisogno della freschezza di visione dei giovani” afferma e come darle torto in un Paese che non è più per vecchi ma purtroppo nemmeno per giovani?
Una personalità empatica come quella di Cristina è caratterizzata soprattutto da una forte trasparenza comunicativa. E questo vale anche all’interno dell’azienda. Ho già raccontato la spontaneità con la quale, durante la crisi dell’azienda, si rivolse alle “sue” persone per spiegare la situazione, ignorando chi in famiglia le consigliava di lasciare sotto traccia i problemi di quel drammatico momento. Deriva da questa volontà di condivisione anche la creazione di Fresia News, un “giornalino” per i dipendenti – così lo chiama Cristina, quasi minimizzando, ma si capisce che lo considera importante – nel quale ogni mese passano tutte le comunicazioni relative all’azienda, da quelle ufficiali a quelle ludiche, un’iniziativa che aiuta a diffondere non solo le informazioni ma anche i valori della cultura d’impresa di Fresia Alluminio. “Non bastano un convegno o un evento per diffondere internamente la propria cultura d’impresa, è un iter lungo e faticoso e anche Fresia News in questa ottica è utile perché informa, ma soprattutto spiega”.
E nella cultura d’impresa di questa azienda un posto centrale è occupato dalla bellezza. Sì, proprio la bellezza della fabbrica, quella “che dà conforto nella vita di ogni giorno” per citare le parole di Adriano Olivetti che le concretizzò in stabilimenti a misura d’uomo.
Cristina nella bellezza ci è cresciuta – sua madre di cognome faceva Cascella e quindi proveniva da una famiglia di artisti – con un gusto fin dall’inizio orientato verso il moderno e il contemporaneo. E soffre nel dover lavorare in un ambiente che non rispecchia le sue inclinazioni. “All’inizio la facciata dello stabilimento era grigia con il solo tocco di colore del nostro logo. Tutte le mattine, quando arrivavo al lavoro e la guardavo, mi dicevo che era veramente triste. Mi sarebbe piaciuto trasformarla, ma come?”. Il cambiamento comincia a prendere corpo quando un amico le parla del wrapping, una tecnica di copertura con una pellicola adesiva che aderisce in modo stabile e duraturo a vari tipi di supporti, e le porta a esempio la Ferrero che in questo modo ha trasformato un locale tecnico in una gigantesca scatoletta di TicTac. Non solo, l’amico conosce il Maestro Ugo Nespolo, uno dei protagonisti dell’arte contemporanea italiana dall’inconfondibile segno pop, e glielo presenta.
“Al nostro primo incontro, Ugo Nespolo ha cominciato a schizzare delle finestre. Bellissime, ma io mi chiedevo: dove potremmo metterle?”. Innanzitutto sulla facciata. Che così è diventata una sorta di abbagliante visione psichedelica dove le finestre si intersecano con altre immagini dalla forte valenza simbolica tra cui foglie e fiori – chiaro rimando al rispetto dell’ambiente che è uno dei cardini della produzione di Fresia Alluminio –, un fantasioso intreccio di colori e forme che rendono lo stabilimento un unicum nel paesaggio non entusiasmante dell’area industriale circostante. Altre finestre (in tutto sono dodici grafiche diverse) si distribuiscono sui muri del complesso e all’interno conferendo una personalità vigorosa ad angoli inaspettati.
Reception e uffici hanno una sobria eleganza, qua e là si colgono dettagli di design collocati in modo quasi casuale, non invasivi ma immediatamente percepibili.
Un’attenzione per il bello e l’arte che Cristina ha spostato anche sul territorio. Una delle sue incursioni è nell’ambito della manifestazione “Arti alle Corti”, durante la quale i cortili storici più belli di Torino vengono trasformati in musei a cielo aperto con installazioni site specific: per il cortile del Politecnico di Torino c’è il progetto di una torre di finestre che verrà finanziata interamente da Fresia Alluminio compresa la fornitura della materia prima che inevitabilmente è l’alluminio.
E da pochissimo l’azienda è entrata a far parte della Consulta, un’associazione che include alcune delle realtà industriali più prestigiose del Torinese, nata nel 1987 con l’obiettivo di valorizzare i beni artistici del territorio restaurandoli e/o ristrutturandoli a proprie spese. Cristina è giustamente orgogliosa dell’invito ad aderire a un consesso, per la verità piuttosto chiuso come nelle migliori tradizioni sabaude, che sottolinea la conquista di Fresia Alluminio nei suoi ormai oltre cinquant’anni di vita: una credibilità riconosciuta e un solido rispetto.