MOTORE DI RICERCA: IL RICERCATO NUMERO UNO!

Ho dovuto fare una ricerca in rete per trovare i motori di ricerca più usati in Italia alternativi a Google.
E ho fatto la ricerca su Google. E questa è già, di per sé, una tautologia: la ricerca sulla ricerca nel motore di ricerca. Aiuto; potrei andare in crash. Per di più, il buon vecchio (non troppo in realtà) colosso californiano si è mangiato – di fatto – tutti i suoi competitor e spadroneggia indisturbato nel mercato. Almeno quello Occidentale. E questo è quasi un assioma.
A darci ragione arriva l’esperienza quotidiana: chi di voi non ha mai chiesto o detto di googleare qualcosa?!?! Quindi è assiomatico che ricerca in rete, per la maggior parte del mondo conosciuto, sia Google. Ma c’è di più. Google è carnivoro. Onnivoro. Fagocitante.
E’ talmente conosciuto, potente e onnipresente da aver fatto sparire tutto il resto. Scommetto quanto volete che la maggior parte di voi non solo non ha mai sentito nominare DuckDuckGO, ma non sa neppure che cosa sia e quale sia la sua peculiarità (tra l’altro non indifferente). E tutto questo a causa, o merito se guardiamo l’altra faccia della medaglia, di Google stesso.

A questo punto le domande che nascono, sotto il profilo della comunicazione, sono di fatto due:

  1. siamo sicuri che, anche nel nostro settore, Google sia davvero la migliore risposta a tutto?
  2. siamo sicuri che sia l’unico motore di ricerca su cui ragionare in termini di SERP?

Ma andiamo con ordine.

UN MOTORE DI RICERCA NON E’ UNA BANCA DATI E VICEVERSA

Per rispondere alla prima domanda partiamo proprio dalle basi. Sembra scontato, ma non più di tanto: un motore di ricerca non è una banca dati. Quindi se vogliamo trovare informazioni specifiche dobbiamo accedere a funzionalità specifiche. Mi spiego meglio.

Un motore di ricerca è uno strumento che permette, tramite una domanda posta dall’utente, di cercare ed estrarre informazioni presenti in Internet relative alla richiesta fatta. Che poi queste siano tutte rilevanti, pertinenti e coerenti alla domanda è un altro discorso. Che ci traghetta nell’isomera della banca dati. Ovvero un archivio perimetrato di informazioni, sicuramente pertinenti e correlate ad un determinato argomento, organizzate in modi più o meno specifici e dettagliati che permettono di recuperare informazioni sul tema. La differenza è chiara: si va dal generico allo specifico. Dal tutto ad un sotto-insieme. Dove cercare, quindi, al meglio le informazioni?

Dipende tutto da qual è la chiave di ricerca. Google oggi sa tutto. Di tutti. Ma non è Google a sapere è la rete ad essere inondata di contenuti. E Google è lì che pesca. Se la stessa ricerca venisse fatta con Yahoo o Bing, ad esempio, otterremmo risultati identici. Organizzati in modi diversi, ma identici nella sostanza. Perché tutti pescano dallo stesso calderone: Internet.

Quali opzioni, quindi?

La scelta è lasciata all’utente. Però è doveroso che l’utente finale sappia che esistono delle alternative. Il buon Google le ha sicuramente fagocitate, ma esistono banche dati digitali per ricerche specifiche in grado di rilasciare risultati molto molto più pertinenti rispetto ad un motore generico. Facciamo un esempio: cerchi un articolo accademico? Eccolo!

E SE PARLIAMO DI MOTORI DI RICERCA?

Secondo il Report Digital 2023 di We Are Social (dai completi sul Bel Paese qui) i motori di ricerca più usati in Italia sono:

  • Google, 94,7%;
  • Bing, 3,33%;
  • Yahoo!, 1,25%;
  • DuckDuckGo, 0,36%;
  • Ecosia, 0,21%;
  • Yandex, 0,06%;
  • Altri, 0,09%

Come dicevamo; Google senza concorrenti e il resto a contendersi il restante 5,3%. Con Bing – che è il motore di ricerca di Microsoft – e l’immortale Yahoo ad occupare oltre il 50% del resto. Di questi – visto che lo abbiamo citato – DuckDuckGO è da evidenziare perché è uno dei motori più innovativi e attenti alla privacy degli utenti. In sostanza non raccoglie e non condivide le informazioni sull’utente, non profila e non colleziona indirizzi IP. Vive con la pubblicità che riesce a collettare e che restituisce non in base al profilo di chi naviga, ma in base alle chiavi di ricerca. Di chi è l’opposto? Citiamo anche Ecosia che è un motore di ricerca che strizza l’occhio alla sostenibilità ambientale e Baidu e Yandex perché ci portano al secondo tema.

SERP, INDICIZZAZIONE, MOTORE: NON ESISTE SOLO GOOGLE

E arriviamo, infatti, alla seconda domanda. La risposta è: no, non esiste solo Google. E dipende tutto da che cosa vogliamo fare e dove vogliamo portare il nostro business. Google è il motore di ricerca su cui posizionarsi per tutto il mercato Centro-Occidentale del mondo. Dalle Americhe all’Europa Google è il motore di ricerca d’eccellenza. Posizionarsi correttamente nelle SERP (ovvero la lista dei risultati) di Google e nelle prime pagine è strategico per tutte le aziende che hanno mercato in questa area. La maggior parte; se non tutte. Ma solo che si volesse attraversare il confine europeo e arrivare, ad esempio, in Russia e nei paesi di lingua russa la musica cambia. Posizionarsi su Google è importante. Ma non è l’unica cosa da fare. Questo perché in quest’area è YANDEX il Google della situazione con un percentuale di utilizzo oltre il 60-70%. E quindi ha più senso per un business posizionarsi anche (se non solo) su questo motore. Che, in aggiunta, rispetto a Google gode – anche – di alcune agevolazioni nella velocità di restituzione dei risultati, nella completezza delle informazioni e nella loro coerenza.

Stessa cosa accade con BAIDU che ha, addirittura, il 80% del mercato cinese (Google solo il 3% anche a fronte del blocco da parte delle autorità cinesi). Per dialogare, quindi, nel e con il Grande Dragone Rosso, è obbligatorio parlare la lingua di BAIDU.

Perché è importante, quindi, avere una visione aperta e non Google-centrica? Semplicemente per sapere che per posizionarsi in determinati mercati è necessario avere una strategia che sia più ampia e comprensiva anche di strumenti che escono dal radar d’azione tradizionale.

Gli obiettivi non cambiano:

  • posizionamento;
  • awareness;
  • visibilità e riconoscimento;

cambiano e si adattano gli strumenti. Serve avere un hosting locale che non penalizzi la velocità e l’indicizzazione del sito. Serve avere un dominio che superi la barriera culturale del .com a favore di un .ru o .cn che veicolano negli utenti una maggiore riconoscibilità e fiducia. Serve un’architettura dei contenuti visivi e scritti che sia tagliata a misura dell’utente (in Cina, ad esempio, sono abituati a leggere contenuti molto corposi. Un testo di poche righe non sarà mai attrattivo). Serve, insomma, aprire la mente e ragionare in un’ottica non più centrica del motore di ricerca, ma centrica dell’utente e della cultura di quello stesso utente.

CONCLUSIONI

Qual è la strada giusta, quindi? Ovviamente quella che detta il mercato. Oggi il mondo si muove sugli spider di Google ed è lì che è tassativo esserci per il proprio brand. E questo non si discute. Ed esserci nel miglior modo possibile e indicizzati al meglio. Ma, parallelamente, se è il business che guida il business è obbligatorio anche saper ragionare e parlare la lingua del mercato in cui si opera; che non è necessariamente la lingua di Google.

 

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