Heritage

Corporate Heritage: il passato come acceleratore del futuro

La XXI edizione della Settimana della Cultura d’Impresa, appena conclusa, è stata un’occasione preziosa non solo per scoprire (o riscoprire) la sapienza del fare delle aziende italiane, ma anche per riflettere sull’importanza della corporate heritage in ottica strategica.

Diamone innanzitutto una definizione precisa: la corporate heritage di un’impresa è il suo patrimonio storico-culturale, memoria della sua capacità manufatturiera e nel contempo preziosa testimonianza dei suoi valori qualificanti. È in pratica la sua identità. Identità che deve essere salvaguardata, cioè conservata, ma anche valorizzata, cioè comunicata all’esterno.

Ed ecco che si arriva al concetto di museo e archivio d’impresa la cui funzione è innanzitutto quella di far conoscere la propria storia produttiva che è poi anche uno spaccato dei cambiamenti della società nel corso dei decenni.

Ma non si deve cadere nell’equivoco che si tratti di un “luogo della polvere”, collezione di ragnatelose bacheche con reliquie industriali, al contrario.

I musei d’impresa sono e devono essere “organismi culturali”, qualcosa di vivo, di legato alla contemporaneità e al futuro e non soltanto al passato e come tali entrare in dialogo con il mondo che li circonda.

Soprattutto con i giovani, fin dalla scuola primaria, a cui trasmettere il concetto di bellezza dell’impresa, un luogo dove c’è conoscenza e innovazione, dove si possono esprimere le proprie passioni e dove si respira il senso della “gioiosa fatica” (la frase è di Paolo Mieli) che deve essere alla base della quotidianità del lavoro se non si vuole rischiare di diventare automi o cadere vittime dell’illusione che il successo imprenditoriale arrivi di colpo e per un colpo di ingegno.

Senza dimenticare che la corporate heritage è una finestra aperta sulla fiducia nel domani: la storia di un’azienda che si snoda nel tempo è inevitabilmente costellata di momenti di difficoltà dai quali ci si è saputi rialzare, immagine potente in un momento storico non semplice come è quello attuale. È, in un’efficace definizione coniata da Diana Bracco, presidente e AD del Gruppo omonimo, “bussola per le azioni di domani”.

In buona sostanza qui si rivela il senso della responsabilità sociale implicita nella cultura d’impresa: un rapporto sinergico con il territorio e la sua gente che arricchisce entrambi i contraenti.

In questa ottica, l’heritage diventa anche orgoglio di appartenenza, immedesimazione, strumento per cementare l’engagement, tutti elementi che giovano all’azienda e alle aziende. Oggi in particolare c’è un recupero dei valori etici dell’industria che negli anni dell’economia finanziaria si erano appannati: si è tornati ad apprezzare quella che Antonio Calabrò, presidente di Museimpresa e direttore della Fondazione Pirelli, chiama la “la morale del tornio”, sapienza imprenditoriale unita all’attenzione per la comunità in un connubio che rende unica la nostra produzione. La corporate heritage ne è la materializzazione ed è in fondo l’essenza del Made in Italy, tanto giustamente celebrato in tutto il mondo per la bellezza dei suoi prodotti: si è diversi perché sappiamo “fare” in modo diverso, sotto tutti i punti di vista.

Scendendo nel “particulare”, questo concetto fa della corporate heritage un asset strategico di primaria importanza per le imprese che la valorizzano: rafforza la brand image e amplifica la reputation aiutando quindi a distinguersi nell’agone competitivo. Le rende uniche, in quanto generatrici di valore sia per gli stakeholder sia per i clienti. E ciò ne fa una risorsa vincente.

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