Heritage

Benvenuti a Stone City

Le grandi storie dell’heritage: Workout magazine incontra Gianni Sottocornola di Granulati Zandobbio SpA

No, non siamo sul set di uno «spaghetti western», in uno di quei villaggi fasulli dagli edifici in legno – il saloon, la prigione, il barbiere, l’emporio – che costeggiano la strada (sempre polverosa) dove a breve si fronteggeranno l’eroe e il cattivo di turno. D’altra parte basterebbe alzare lo sguardo e la trafficatissima A4 che scorre a fianco incrinerebbe subito l’illusione: nessuna montagna o canyon, nessuna pianura arida si profilano all’orizzonte, ma solo la consueta teoria interminabile di TIR e automobili. E anche chi mi sta venendo incontro non ha nulla del pistolero: sorriso aperto, cerata e berretto impermeabile perché, sì, in questo momento sta pure diluviando, parlata dal simpatico e inconfondibile accento, è lui che mi apre i cancelli di uno dei luoghi più insoliti e inaspettati di questo lembo di Bergamasca. Si chiama Mario Sottocornola ed è Presidente di Granulati Zandobbio, tra le aziende leader ­– a livello nazionale e non solo – di prodotti per l’architettura del paesaggio, nonché terza generazione della famiglia proprietaria: già so che i suoi quattro figli sono da tempo entrati in questa realtà fondata nel 1929 di cui tengono saldamente le redini.

La planimetria di Stone City: affacciato sull’anfiteatro è visibile l’edificio destinato all’accoglienza con sala riunione, area ristoro e terrazza panoramica sul tetto.

Definire Stone City un parco espositivo è riduttivo. Certamente lo è perché nei suoi quasi 8.000 metri quadrati di estensione mette in mostra l’intera gamma dei prodotti dell’azienda, dalle pavimentazioni in pietra naturale a quelle in pietra sinterizzata, dai ciottoli e granulati di tutte le dimensioni e di ogni varietà petrologica, ai materiali di rivestimento e riempimento di muri esterni e strutture di recinzione senza dimenticare l’ampia gamma di elementi decorativi per il giardino come monoliti naturali, fontane in pietra, vasi in granito, statue in calcare e lanterne di mood giapponese. Ma quello che lo distingue da ogni altra realizzazione concorrente è la modalità di presentazione: tanti piccoli giardini a tema geografico – 25 per essere precisi – dove la pietra è protagonista, reali e perfetti nella loro definizione, completati talvolta da tavolini e sedie in ferro battuto che sembrano suggerire l’attimo di una vita quotidiana rimasto sospeso e quasi travolti da un tripudio di piante, erbacee di ogni tipo, arbusti ancora in piena e profumatissima fioritura, palme gigantesche, olivi centenari, corbezzoli carichi di frutti maturi, «è stata ed è una delle voci principali di costo della struttura» sottolinea Gianni Sottocornola, il maggiore della quarta generazione e general manager dell’impresa. Qua e là gli imponenti monoliti aggiungono suggestione all’ambiente: grezzi oppure lucidati per sottolineare la bellezza della colorazione e delle venature, scavati dall’azione degli agenti atmosferici in forme bizzarre, sono pezzi unici, di grande impatto scenografico, provenienti da ogni parte del mondo. Mario Sottocornola indica un colossale blocco di marmo rosso di Verona la cui forma ricorda vagamente il profilo della Sardegna: «Quello aveva attirato l’attenzione di Silvio Berlusconi una volta che era venuto qui in visita, scherzando diceva che l’avrebbe comprato proprio perché gli ricordava l’isola». E poi piscine a grandezza naturale rivestite in granulati che conferiscono all’acqua tonalità spettacolari, vasche e cascate che al calare della sera si accendono di mille luci: qui, per suscitare stupore, nulla è lasciato al caso.

La vasca dei monoliti.

Come in un viaggio iniziatico, all’ingresso dell’area espositiva si arriva procedendo su un percorso a labirinto realizzato con le varie tipologie di pavimentazioni in pietra sinterizzata: lastre in più di 200 colorazioni che nel loro insieme assumono il significato simbolico di un mosaico che celebra la creatività dell’azienda. E per proseguire sul tema della simbologia, al termine dell’area espositiva un grande anfiteatro a gradoni, costruito interamente in travertino, sottolinea una delle reason why di questo parco: «Stone City è innanzitutto un luogo incantato, destinato a tutti, anche ai visitatori occasionali che possono visitarlo liberamente, ed è perfetto come location per eventi tant’è che spesso i nostri clienti ce lo chiedono “in prestito” per le loro manifestazioni. Noi ci teniamo i nostri Open Day, sempre frequentatissimi, soprattutto quello di settembre che si svolge in prossimità di due importanti fiere internazionali del marmo: in questa giornata passano di qui centinaia di ospiti, provenienti da almeno quaranta nazioni del mondo» sottolinea Gianni Sottocornola con giusto orgoglio. Ma Stone City è anche uno strumento di lavoro perché gli «addetti ai lavori» vi trovano ispirazioni e suggestioni per i loro progetti, hanno la possibilità di vedere i prodotti ambientati in un contesto reale, di misurare l’effetto visivo che un materiale può generare rispetto a un altro, al punto che «potrei dire che è il nostro prodotto principale, un prodotto che non si vende, ma che spinge molto le vendite».

Una delle piscine a grandezza naturale presenti in Stone City.

Continua Gianni: «Il parco è nato nel 2011, su suggerimento di alcuni nostri clienti stranieri: ai tempi in Italia sull’outdoor eravamo decisamente arretrati rispetto ai Paesi d’oltralpe e loro si stupivano che non avessimo uno showroom che fosse accogliente e adatto a organizzare momenti di aggregazione. All’inizio, a dire la verità, eravamo più orientati verso qualcosa che servisse a promuovere le pavimentazioni, che erano il prodotto “nuovo” su cui intendevamo puntare, ma poi abbiamo incontrato Gökhan Günyar e ha preso il volo un’idea diversa». Günyar, di origine turco-tedesca, è l’architetto del paesaggio che ha progettato la scenografia, potremmo dire, di Stone City senza lesinare sugli effetti speciali, ma cercando nel contempo di promuovere una «cultura della pietra» ponendo sempre in corretta connessione i materiali esposti e i loro luoghi di origine. E per onorare la storia dei Sottocornola ha creato anche un piccolo museo che riproduce una galleria di miniera – riferimento alla cava di famiglia nei pressi di Zandobbio – con cunicoli e anfratti dove si possono ammirare pezzi di grande bellezza geologica e paleontologica e dove vecchi carrelli di carico colmi di tante rocce diverse e collocati su rotaia rendono l’ambiente ancora più realistico.

La cava dei Sottocornola è tuttora in funzione. Vi si estrae dolomia, una roccia sedimentaria carbonatica la cui destinazione è prevalentemente industriale: viene infatti utilizzata nel mondo edile, nella lavorazione di vetri e cristalli, nel settore ceramico, nei colorifici e perfino in agricoltura per sopperire alla carenza di minerali nel terreno, «marginalmente entra anche nella decorazione outdoor – spiega Gianni – se si cerca un prodotto di primo prezzo. È più economica del marmo classico, ma non per questo poco pregiata, per esempio è apprezzata soprattutto per la realizzazione di vialetti perché ha una resistenza maggiore e un colore bianco-grigio che si integra meglio nel paesaggio rispetto per esempio al bianco di Carrara che con il suo candore assoluto è molto, a volte troppo, impattante».

Foto storica della cava di dolomia dei Sottocornola, ancora in attività.

«È stato il mio bisnonno, Gino Sottocornola, ad aprire la cava. Aveva diretto un cementificio in Val Brembana e quando questo aveva chiuso i battenti, si era deciso, nel 1929, a mettersi in proprio». Inizialmente Gino, per sfruttare le proprie competenze, sceglie la strada del commercio di inerti destinati proprio ai cementisti locali con la creazione di un deposito nel centro di Bergamo; poi a metà degli anni Trenta si sposta nel comune di Zandobbio e apre, quasi all’ingresso del paese, una prima cava di granulato di marmo di Zandobbio (questo il nome commerciale della dolomia lì estratta) per poi spostare l’attività estrattiva qualche anno dopo nel sito dove si trova oggi. «La produzione di granulati per l’edilizia è proseguita con mio nonno prima e poi con mio padre, diretta al mercato locale con un export marginale verso la Svizzera. A partire dagli anni Cinquanta però a quel ramo di business se ne è affiancato un secondo incentrato sulla macinazione di marmi colorati per la produzione di mattonelle su base di cemento».

Pavimentazioni, già. Parola magica che molti anni dopo accenderà l’inventiva imprenditoriale di Gianni. Ma stiamo correndo troppo perché fino agli anni Novanta l’attività dell’azienda di famiglia non si è discostata da quel mondo edile che rappresentava la solidità e la certezza. Poi è arrivato Gianni, e uno dopo l’altro i suoi tre fratelli, e tutto è cambiato: «Sono cresciuto nella nostra impresa. Fin da ragazzo, durante le vacanze scolastiche, vi svolgevo qualche lavoretto e, a parte un’esperienza per una ditta di trasporti, sono sempre stato qua». L’università lo aveva tentato, dopo il diploma si era iscritto a geologia, ma presto ci aveva rinunciato: studiare gli piaceva meno rispetto al mettere le mani nella quotidianità di un’azienda, della sua azienda, anche perché, dice, «sono sempre stato molto portato all’organizzazione».

Gianni è anche curioso, si guarda attorno, viaggia per capire cosa fanno i competitor all’estero e matura la convinzione che sia arrivato il momento di un cambiamento radicale di visione: è verso l’outdoor, l’arredo urbano e quello dei giardini, che ci si deve spostare. In breve tempo Granulati Zandobbio diventerà punto di riferimento europeo per la fornitura di ciottoli decorativi, ancora oggi il suo prodotto di punta: «La nostra tipologia è molto ampia: i materiali sono tutti i marmi italiani, dal Carrara al Verde Alpi al Giallo Siena al Nero Ebano, e i più famosi esteri, e poi porfidi, graniti, quarzi, tufi, che possono essere estratti direttamente dalle cave oppure recuperati dai loro “scarti” e che poi vengono da noi lavorati meccanicamente per conferire rotondità ai pezzi che vendiamo in tutte le forme e dimensioni».

Stone City al tramonto.

Nel 2014 una seconda svolta produttiva: la pietra sinterizzata, di cui Gianni intuisce le grandi potenzialità. Ha avuto ragione: oggi sta diventando il prodotto più richiesto per le pavimentazioni da esterno, sia private che pubbliche. Va detto che si tratta di un prodotto raffinato e completamente sostenibile: è costituito da una miscela di minerali senza presenza di resine, collanti o derivati del petrolio o ancora cemento, che si compattano tra loro grazie a un processo, appunto la sinterizzazione, che avviene a temperature elevatissime, ma inferiori al punto di fusione dei componenti. Il processo è reversibile sicché il prodotto, a fine vita, può tornare allo stato iniziale ed essere perciò riutilizzato. In più ha prestazioni ottime: è antigraffio, resistente alle macchie, alle muffe e agli agenti chimici, è resistente, sopporta anche carichi elevati e la si può scegliere somigliante alla pietra vera.

Questa capacità di guardare avanti ha portato l’azienda negli ultimi dieci anni a una crescita costante del fatturato che oggi si attesta sulla sessantina di milioni circa, che per il 35% deriva dal mercato nazionale e per il 65% da quello estero: «Esportiamo in più di 90 Paesi di cui almeno in 70 tutti gli anni, regolarmente. Il nostro orizzonte geografico va dalle Filippine al Messico, dal Giappone al Canada sfruttando tutto il catalogo perché possiamo essere molto forti con le pavimentazioni in un mercato e in un altro invece con i granulati». Il periodo del Covid per loro è stato paradossalmente un volano: «Ha aumentato il desiderio, anzi direi il bisogno di spazi aperti e chi aveva un giardino o un terrazzo ha cominciato a considerarlo una vera estensione dell’abitazione con la voglia perciò di arredarlo». E i collaboratori? Ormai sfiorano gli ottanta con una quota femminile abbondante, «forse troppo – scherza Gianni – in alcuni settori come il back office dove su 15 addetti 13 sono donne oppure l’amministrazione dove sono 8 su 8. Nel commerciale invece sono tutti uomini». Ambiente giovane, la media è sotto i quarant’anni, competenze ferrate e soprattutto un’ottima conoscenza delle lingue: «Per l’ufficio ne richiediamo almeno tre perché lavoriamo molto con l’estero». E tra poco una nuova esperienza: «Arriveranno qui dalla Bretagna, due ragazzi per completare “sul campo” i loro studi post diploma». D’altro canto l’azienda da sempre mantiene ottimi rapporti con la scuola: «abbiamo negli anni organizzato regolarmente visite di studenti alla cava e stage in azienda, anche se è difficile che qualcuno di questi ragazzi entri da poi noi perché sono iniziative che non coinvolgono mai l’ultimo anno delle superiori, bensì gli anni precedenti». Tuttavia per Granulati Zandobbio reperire collaboratori non è un problema, Gianni sottolinea che attualmente il mercato del lavoro non è carente di offerta «anche con profili eccellenti, diversamente dal periodo del Covid in cui imperava una fluidità che creava spesso “buchi” nell’organizzazione, difficili da colmare».

Uno dei viali dell'area espositiva.

Non si pensi alle sole ville private come destinazione dei prodotti dell’azienda. Al contrario, le realizzazioni nel pubblico sono tantissime e prestigiose: solo per citarne alcune, si parte dalla pavimentazione dell’AT&T Plaza di Chicago nel Millenium Park – per intenderci la piazza in cui si trova la celeberrima scultura di Anish Kapoor ormai conosciuta da tutti come The Bean (Il fagiolo) –,  si prosegue con l’Ocean Terminal Extension di Hong Kong progettato da Norman Foster come punto di osservazione della città e nuovo terminal per le navi da crociera, gli spazi esterni dell’Asian Art Museum di San Francisco, il Distrito La Perla, 27.000 metri quadrati di centro commerciale a Guadalajara in Messico e poi tantissime piazze e strade, a Roma, Pesaro, Perugia, ma anche a Taipei, Houston, Toronto. E naturalmente anche in tanti hotel e resort la loro «impronta» si ritrova nelle piscine e nelle pavimentazioni dei lounge esterni. «Dai grandi studi di architettura però in genere noi non siamo interpellati direttamente – chiarisce Gianni Sottocornola – per esempio nel caso dell’Ocean Terminal abbiamo ottenuto la commessa tramite un nostro cliente che era in contatto con lo studio di Forster, così come è rarissimo che ci si relazioni con la direzione urbanistica di una città senza l’intermediazione di terzi. Tradizionalmente la fetta maggiore della nostra clientela è rappresentata dai grandi magazzini edili, dai garden center e dai centri DAW, uno dei principali produttori in Europa di vernici, pitture e soluzioni tecnologiche per l’edilizia».

Come tante altre aziende del territorio anche Granulati Zandobbio non lesina il suo appoggio alla comunità locale. Prossimamente l’azienda si legherà come main sponsor a una tra le più prestigiose istituzioni bergamasche, l’Accademia Carrara, ha avuto l’occasione di sostenere la Fondazione Teatro Donizetti che cura la diffusione della musica e della cultura nell’ambito cittadino e non si sottrae alle tante richieste di sponsorship che arrivano dal mondo dello sport giovanile, «nei piccoli paesi fanno sempre tanta fatica a far quadrare i conti delle squadre di pallavolo o di basket locali e allora arrivano da noi» sorride Gianni. Né si tira indietro quando bisogna aiutare in situazioni di emergenza come è accaduto nel periodo del Covid, che nella Bergamasca ha infuriato. Gianni è consapevole che essere fortemente legati a un territorio significa anche dover far fronte ai suoi bisogni, ma non vive nelle illusioni, sa che non sempre si è capiti e si permette una piccola punta amara: «Le imprese danno tanto alla comunità, anche solo per il fatto di assicurare posti di lavoro e pagare una montagna di imposte. Ciononostante c’è sempre qualcuno a cui non sei simpatico e questo pur non facendo del male a nessuno, anzi facendo del bene». Nomi non se ne fanno, Gianni si sottrae garbatamente alla curiosità. Alza le spalle: «È solo un fatto antipatico». E torna a sorridere.

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Anna Brasca

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