Il 2022 ha rappresentato per l’industria italiana costruttrice di beni strumentali un periodo di interessanti incrementi economici: secondo i dati diffusi da Federmacchine, infatti, il fatturato dell’industria italiana di settore è arrivato nello scorso anno a quota 54.106 milioni di euro (+8,1% rispetto al 2021).
Le consegne sul mercato interno hanno giocato un ruolo chiave in questo senso, arrivando a 19.733 milioni di euro (+14,7%) in più rispetto all’anno precedente.
Il mercato nazionale è cresciuto soprattutto grazie agli incentivi di Industria 4.0, che hanno permesso di rendere gli impianti più competitivi: il consumo italiano di macchinari è cresciuto del 17,9%, raggiungendo un valore di 31.688 milioni di euro.
L’export, invece, è salito a 34.373 milioni di euro (+4,7%).
L’opinione di Giuseppe Lesce, Presidente di Federmacchine
“Siamo prudentemente ottimisti anche per il 2023”, ha dichiarato Giuseppe Lesce, Presidente di Federmacchine, in un’ampia intervista rilasciata a Industria Italiana.
Si stima, infatti, che quest’anno il fatturato crescerà a 55.861 milioni di euro (+3,2%), così come accadrà per gli altri indicatori economici.
L’export, invece, è atteso in crescita del 3%, a 35.395 milioni di euro, mentre le consegne interne saliranno a 20.466 milioni (+3,7%). La domanda interna, infine, salirà ancora (+3,1%), attestandosi a 32.679 milioni di euro.
Le aziende hanno dei portafogli ordini molto consistenti ma si stanno riscontrando alcune problematiche: le tensioni sulle catene di fornitura, la componentistica elettronica, il costo dell’energia, l’impatto delle guerre e le paure per le recrudescenze pandemiche.
La debolezza delle supply chain
La pandemia e la guerra in Ucraina, in particolare, hanno evidenziato la debolezza delle supply chain: come stanno cambiando le catene di approvvigionamento dei produttori di macchinari? “La crisi geopolitica del 2022 ha causato delle riduzioni di fatturato nel comparto e il problema è tutt’altro che concluso”, riflette ancora Lesce. “Nei nostri settori, ci sono tante aziende che hanno i magazzini pieni di macchine che non possono essere spedite ai clienti perché mancano dei piccoli componenti, spesso dei chip. Le imprese stanno cercando supply chain alternative, ma lato microelettronica è molto complesso perché i Paesi fornitori sono limitati: in questo ambito attuare un reshoring che permetta di invertire la rotta è un percorso lungo che in questo momento non ci possiamo permettere, ma su cui dobbiamo riflettere.”
PNRR e aliquote
La riflessione di Lesce si conclude con un pensiero al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). “Auspichiamo che l’Europa dia il via libera all’utilizzo da parte dell’Italia dei fondi non spesi previsti dal PNRR per il 2022 e destinati ai provvedimenti 4.0. Con queste risorse potrebbe infatti essere finanziato anche il mantenimento delle aliquote al 40% del credito di imposta per gli investimenti in nuove tecnologie di produzione, così da sostenere il mercato domestico ancora particolarmente vivace. Il dimezzamento previsto dell’aliquota, che, senza interventi, a gennaio 2023 passerà dal 40% al 20%, potrebbe congelare la domanda interna, bloccando di fatto il processo di svecchiamento e transizione digitale ora nel pieno del suo dispiegamento. Un rischio, questo, che non possiamo assolutamente correre.”
I vantaggi competitivi delle PMI italiane
Di fronte alle incertezze contingenti, le PMI italiane rispondono con le peculiarità che ne hanno permesso il successo in Europa e nel mondo.
Strutture e gestioni semplici permettono di adattarsi rapidamente alle variazioni del mercato, soprattutto nell’attuale contesto economico in cui i cambiamenti sono rapidi e costanti.
Le PMI, inoltre, sono vicine ai clienti, così da stringere con loro un rapporto stretto e personale, percependo in anticipo i cambiamenti del mercato.
Per finire, la qualità dei servizi e dei prodotti offerti è sempre di alto livello, grazie a una conoscenza approfondita del settore.
Ecco come l’eccellenza imprenditoriale del Made in Italy affronta ogni sfida di mercato.
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