AstraZeneca è ormai da qualche giorno sul banco degli imputati. Ieri la decisione di EMA – l’agenzia Europea del Farmaco – sul vaccino incriminato. Ma quanto questa situazione sta incidendo sulla brand reputation della casa farmaceutica?
Può sembrare davvero insensibile e anche superficiale parlare di brand in relazione al Covid-19 ma per chi si occupa di comunicazione e marketing è naturale far correre il pensiero anche a questi aspetti. Ben consci del fatto che la “percezione di brand” non ha nulla ha che fare con gli aspetti scientifici e oggettivi della vicenda.
La “reputazione digitale” è lo spauracchio e nel contempo la meta di tutte le aziende: saper gestire correttamente, soprattutto in situazioni di crisi, la risonanza del proprio marchio è una sfida costante per le digital PR e i team di marketing e comunicazione. Non solo per limitare gli eventuali danni, ma soprattutto per sostenere e rafforzare il proprio brand. Come disse l’economista americano Warren Buffet: “Ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e 5 minuti per distruggerla”. La reputazione è talmente importante che tutti i professionisti della comunicazione e del marketing le conferiscono il 25% del market value di un’azienda.
Le notizie di questi giorni, in cui voci e vicende si sono rincorse con una grande confusione e mescolanza degli aspetti scientifici oggettivi con quelli non oggettivi ed emotivi, hanno fatto sì che – come dimostra anche un recente sondaggio di Affaritaliani.it – oggi AstraZeneca sia percepita come “di scarsa fiducia”, “poco chiara” e “con dei segreti”. È evidente che calare su un marchio una nomea di “scarsa attendibilità” non significa, di fatto, che l’azienda stessa sia “scarsamente attendibile”. Significa però aver causato un danno di immagine all’azienda altamente distruttivo e sicuramente molto difficile da recuperare nel tempo. Questo perché una notizia negativa corre molto velocemente nei meandri del web che, come ben sappiamo, non dimentica nulla. Per cui nelle SERP di Google ritornerà per tantissimo tempo generando memorabilità negli utenti e una lunga coda di “cattiva reputazione”. Ancor più se la stessa – come nel caso di AstraZeneca – diventa una notizia virale. Il gioco è fatto: tanto maggiore è il numero di persone che parla male di un marchio, tanto maggiore sarà il numero di persone che crederà a queste voci.
La vicenda, per certo, potrà chiudersi sotto un profilo scientifico a stretto giro, ma la brand reputation del marchio dovrà fare i conti con questa situazione ancora per qualche tempo
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