Sostenibilità nel digital: cambiare prospettiva oggi per vincere domani!

Workout Magazine - Studio Chiesa communication

È molto facile, oggi, parlare di Responsabilità Sociale d’Impresa e di sostenibilità. Sono sicuramente temi caldi e key digital trends. Su questo non ci piove. Ma farlo con cognizione di causa e con strategia è tutta un’altra storia. Perché esiste sostenibilità e sostenibilità. Quella delle parole e quella dei fatti. Quella che ha una valenza davvero sociale e quella che, di sociale, ha solo la condivisione sui Social Media.

È chiaro che in un contesto B2C, in cui il consumatore fruisce in prima persona di queste tematiche, il rischio di mettere il piede in fallo su temi così caldi è dietro l’angolo. Così come quello di massimizzare l’effetto di comunicazione. Ma anche le imprese B2B non sono da meno. Al contrario. Nel B2B la sostenibilità richiede di mettere in campo nuove forme di business e di comunicazione per dare al brand uno slancio e una competitività reale su tematiche ormai globali e trasversali.

E se è vero che oggi il focus si sta spostando non più solo sul cosa (in termini di oggetto del business), ma – soprattutto – sul chi (in termini di reputation di marca) la sostenibilità diventa un fattore competitivo nella strategia di vendita e di comunicazione di ciascuna impresa. Nel medio-lungo periodo comunicare la sostenibilità non sarà più una scelta, ma un obbligo dettato dal naturale fluire del tempo, degli obiettivi, delle visioni – tra cui, non dimentichiamo, Europa 2050.

 

SOSTENIBILITÀ NEL B2B: LE CHIAVI DI LETTURA

Come diciamo sempre: le aziende sono fatte di persone.

E ciò significa, in concreto, che sono sempre le persone – con le loro storie, le loro influenze, le loro convinzioni, la loro umanità – al centro del processo di comunicazione. E questo è vero nel B2C quanto nel B2B. Diventa quindi importante, anche in questo secondo ambito, stare sempre attenti alla reputazione del proprio brand. A parità di offerta, l’animo umano mette in campo valori e sentimenti che orientano la scelta verso brand che sentiamo più vicini.

Cosa significa questo? Che la sostenibilità è un valore competitivo che premia.

Bastano i numeri a darci ragione.

Entro 10 anni circa, la forza lavoro sarà al 70% rappresentata dai Millennials. Ovvero i futuri 30-40enni. Che oggi stanno vivendo l’età d’oro di questo cambiamento. Secondo voi: che cosa sceglieranno domani quando saranno dei veri e propri decision-makers?

Credo che la risposta sia scontata.

E in un mondo che sarà sempre più digital oriented le scelte di oggi influiranno, in modo ancora più predominante, su quelle di domani. Perché la rete non dimentica nulla e ricorda tutto, a tutti. Sempre e comunque.

E quindi?

Semplice. Se oggi il budget di spesa in comunicazione del B2B in ambito digital è stato orientato alla lead generation, è giunto il momento di cambiare il focus e di guardare alla comunicazione di sostenibilità come ad un elemento centrale del processo:

  • sostenibilità della catena produttiva: dai fornitori, alle buone prassi interne aziendali;
  • sostenibilità delle relazioni: intesa come condivisione di visioni e di pratiche con tutti i partner;
  • sostenibilità delle scelte produttive: come fattore competitivo.

 

EMOZIONI SOSTENIBILI

I dati parlano chiaro, le aziende che hanno scelto la sostenibilità come driver strategico piacciono. Secondo una recente indagine, il 40% della buona reputazione delle aziende dipende dalle scelte di sostenibilità. Perché? Perché sono dalla parte dei buoni. Perché sono dalla parte di chi fa qualcosa per il Pianeta. Per le persone. Perché sono dalla parte della Terra. Purché questo sia vero. Perché se c’è una cosa che in comunicazione non è mai perdonata – e sul tema della sostenibilità ancora meno – è la bugia. I numerosi casi di pubbliche scuse da parte dei grandi brand ne sono un esempio.

E la sostenibilità, essendo nell’occhio del ciclone, è sicuramente oggetto di tante fandonie. Quello che tecnicamente si chiama GREENWASHING.

 

GREENWASHING: LA FALSA SOSTENIBILITÀ

Se ne parla già da qualche anno. In sostanza – letteralmente parlando – greenwashing significa fare un lavaggio verde. Ovvero, far passare per sostenibili azioni e scelte che non lo sono. Esempio lampante: il cartellino degli hotel per non lavare l’asciugamani. Noi pensiamo di fare una gran cosa per il pianeta (e in parte è così), in realtà gli hotel risparmiano di lavanderia. E questo è l’obiettivo primario. Vi ho fatto un esempio B2C. Ma anche nel B2B la musica non cambia. Un esempio: la microfibra 100% green per un determinato tessuto per industria automotive. Come è possibile? Non lo è. Oppure il contenitore 100% biodegradabile che però contiene plastica non degradabile. Stessa cosa di cui sopra. Tutto questo è greenwashing.

 

E QUINDI?

Serve un cambio di rotta e di prospettiva tout court per le aziende B2B. Perché sono proprio le nuove generazioni quelle da coinvolgere. Quelle generazioni che domani sceglieranno il brand. E che domani guarderanno a quanto e quando queste azioni sono state messe in campo. Ecco quindi l’importanza di integrare, in una logica inclusiva e dinamica, nella propria comunicazione online queste tematiche dando una spallata ai piani editoriali. Se oggi non è pensabile, per un’azienda, avere un partner che sfrutti il lavoro nelle miniere, domani non sarà pensabile avere un partner che non ha attive politiche di sostenibilità di lungo corso. I tempi evolvono e, con essi, le sensibilità che saranno protagoniste domani.

Quindi ricordiamoci: la sostenibilità è buona per il Pianeta… ma anche per il business!

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