Un nuovo museo d’impresa, Casa Marcegaglia, immersivo ed emozionante, e un innovativo metodo museografico che utilizza il linguaggio dell’arte contemporanea per comunicare e coinvolgere.
Ideatori di entrambi sono Studio Chiesa ed Elisabetta Pozzetti, che nel libro Come vestale ne ripercorre tappe e criteri sotto forma di un avvincente racconto.
Lo si svilirebbe a considerarlo alla stregua di un catalogo, al contrario è esso stesso opera d’arte, grazie all’interpretazione creativa che ha dato Nicola Vinci. Anche lui artista, ha catturato con la fotografia la poesia e le visioni che si respirano negli ambienti di Casa Marcegaglia, riproponendole nel corpus iconografico del volume.
Una vertigine di rimandi che ammantano di liricità l’identità, la storia e il patrimonio valoriale dell’azienda leader nella trasformazione dell’acciaio.
Casa Marcegaglia, un museo d’impresa che già nel nome qualifica la propria identità inclusiva, dinamica, solida, scaturita dall’eccezionalità e l’intraprendenza di un fondatore, Steno Marcegaglia, e dei suoi figli, Emma e Antonio Marcegaglia, che fanno dell’azienda un’estensione del concetto di famiglia, che trova idealmente dimora nell’headquarter di Gazoldo degli Ippoliti.
L’eccezionalità di questo spazio si situa nella combinazione dei contenuti alle tecnologie, nell’armonico flusso di dati e suggestioni, laddove la narrazione dei processi si combina all’immersività multisensoriale.
Su queste premesse, attraverso un linguaggio museale contemporaneo e uno sguardo internazionale e interdisciplinare, Casa Marcegaglia si apre a pubblici differenti, in grado di aggiornare le informazioni in tempo reale rispetto all’evoluzione stessa dell’azienda, di fare cultura di settore, di essere in continua e progressiva crescita, per configurarsi il più possibile come serbatoio innovativo nel quale reperire stimoli, contributi accreditati e autorevoli, anche grazie all’Academy che ne è naturale complemento. La strumentazione digitale associata alla sensibilità artistica ha fornito l’assist per generare atmosfere evocative mediante proiezioni, touchscreen e sistemi di interazione.
Il percorso inizia all’esterno dove è possibile attivare i contenuti sull’app dedicata, sostando nell’area verde antistante l’edificio, e continua all’interno dove si è accolti dall’opera di Zhang Huan Buddha of Steel life, che siede davanti al coil d’acciaio, tridimensionale concretizzazione del mandala, simbolico e rituale rimando alla creazione del cosmo e al fluire ciclico degli eventi. Oltre le tre steli digitali touchscreen, si entra nel raccordo che è buio e funge da “membrana” propedeutica ad avvolgere il visitatore, a creare estraniazione e predisporlo all’esperienza che qualche passo oltre vivrà: ossia il Teatro – dove sostare nella visione del video “Io sono Acciaio” nel quale le parole fluiscono in armonia con il visual dell’artista Ozan Turkkan – e il Tunnel immersivo, che racconta la ciclicità dell’acciaio, il suo riciclo, la pervasività nella società e la sua eternità. È stato realizzato da Marco Barsottini e Lorenzo Sarti, autori anche della sala che segue, denominata Forma dell’acciaio. Qui la gestualità genera sulle pareti lo svelamento del processo produttivo Marcegaglia e dei settori di utilizzo: dalla produzione dei piani e dei tubi in carbonio, al processo inox e a quello delle lamiere da treno, alla presenza in tutte le merceologie produttive dove l’acciaio diviene o componente strutturale degli impianti stessi o protagonista del prodotto industriale. La sezione dedicata alla Storia del gruppo e ai principali milestone dell’azienda si estrinseca in due modalità: la timeline delle fasi di sviluppo e sul lato opposto una proiezione su superfici multilivello, capaci di stimolare simultaneamente la vista e l’udito, proponendo dinamicamente in bianco e nero le fotografie e i video di Steno e della famiglia, nonché dei collaboratori, che rappresentano il tessuto vitale dell’impresa, e video a colori sulla contemporanea realtà produttiva. Una stanza speciale è quella dedicata a Steno, a cui hanno lavorato i registi Massimo D’Anolfi e Martina Parenti e il sound designer Massimo Mariani, realizzando uno straordinario e toccante docufilm, utilizzando una selezione di audio originali, fotografie d’epoca, rassegne stampa. Si passa dall’oscurità, per l’immersione nelle proiezioni, alla luce dei cavedi, che ospitano le sculture di Simon Benetton e Neveo Cacciani, e della sala definita Catena dei valori, dedicata al racconto di tutte quelle attività che conferiscono valore al mondo Marcegaglia mediante una linea continua di monitor attivabili dal tavolo touchscreen posto al centro. Da qui si accede alla Hall, che diviene luogo della memoria ma anche del futuro. La dualità tra passato e futuro dialoga in questo ampio e ospitale luogo, nel quale i ritratti di Steno e Mira Marcegaglia realizzati da Vito Tongiani dialogano con le opere d’arte in acciaio di Tetsuya Nakamura, Adeela Suleman, Francesco Bocchini, Luc Mattenberger e, all’esterno, di Julia Bornefeld.
In conclusione, Casa Marcegaglia non è un semplice museo d’impresa ma un viaggio esaltante nella materia e nella sapienza della sua trasformazione. È un luogo polifunzionale, capace di parlare a chiunque entri, indipendentemente dallo scopo, dall’età, dalla cultura, generando un’esperienza arricchente e motivante. La coerenza che si coglie, pur nella poliedricità degli strumenti di exhibit messi in campo, deriva dall’aver costruito un museo partendo proprio dai contenuti e di aver dato loro la massima efficacia mediante un allestimento armonico, polifonico, digitale ma anche fortemente empatico.
Elisabetta Pozzetti
Storica dell’arte, progetta mostre d’arte contemporanea e moderna, collaborando in Italia e all’estero con enti privati e pubblici. Dipendente prima del Ministero della cultura poi del Miur, è stata consulente della Direzione Musei Emilia Romagna.
Già docente universitario di “Tutela e valorizzazione dell’arte contemporanea” e di “Storia dell’arte medievale, moderna e contemporanea” presso gli atenei di Ferrara e Milano, ha pubblicato Il Museo come esperienza. Strategie e strumenti della comunicazione museale (Editrice Compositori, 2010) e Il Museo tra esperienza e comunicazione (Bononia University Press, 2011). Per un triennio ha svolto presso l’Università degli Studi di Parma l’incarico di conservatore e restauratore di opere d’arte moderna e contemporanea. È stata Art Director dell’Istituto di cultura Casa Cini a Ferrara e Project Manager del Centro Internazionale d’arte e di cultura di Palazzo Te a Mantova.
Nell’ultimo decennio ha curato un centinaio di mostre, tra le quali Steellife, presso La Triennale di Milano (e la sua versione phygital Steellife. Digital Re-life Experience) e ha edito altrettante pubblicazioni. Ha ideato per Museyoum un prototipo di narrazione innovativa ed emozionante, collaudata in alcune sedi come la Fondazione Giorgio Cini di Venezia e l’Accademia Carrara di Bergamo. Tra gli ultimi progetti: l’inaugurazione della Nutrimentum Gallery di Studio Chiesa a Milano e di Visioni dall’infra-ordinario presso il Museo Ettore Guatelli. Sua la direzione curatoriale del museo d’impresa Casa Marcegaglia, di cui questo libro racconta la creazione.
Artista militante, già durante gli studi di pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bari ha sviluppato la sua poetica mediante la fotografia, con una sensibilità spiccatamente pittorica.
Affascinato dalla comunicazione non verbale, Vinci ha intrapreso studi sulla psicologia del ritratto e sull’approccio d’indagine della fotografia, sfruttandone al massimo il potenziale nel cogliere le sfumature emotive e nel rivelare gli aspetti più profondi dell’animo. La sua ricerca affronta temi complessi che mettono in luce i disagi e le difficoltà del nostro tempo, facendosi veicolo di denuncia e di riflessione sulle sfide dell’incomunicabilità e sulla mancanza di supporto psicologico che affligge la società moderna, in special modo i giovani, che spesso sono i protagonisti delle sue opere. Attraverso il suo lavoro, cerca di stimolare una riflessione profonda sulle questioni sociali e relazionali del nostro tempo, offrendo uno sguardo intimo e coinvolgente sulla condizione umana. Attualmente è rappresentato dalla galleria IAGA Contemporary Art di Cluj (Romania).
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