Stiamo davvero assistendo al declino inesorabile dei social media come li abbiamo conosciuti sino ad oggi? Il dibattito è aperto ormai da qualche mese, e l’argomento è sotto i riflettori dei più acuti osservatori. Ma per le aziende, le pmi e il b2b in particolare, cosa cambierà?
Che i social stiano attraversando un momento di profondo cambiamento è fuori di dubbio. Ma più che la fine, sarebbe utile per tutti – soprattutto per chi lavora nel marketing e conosce il mondo aziendale e in particolare quello del b2b – comprenderne la portata e interrogarsi sul valore di un nuovo corso che può (e dovrebbe) iniziare in questo scorcio di nuovo ventennio.
La grande maggioranza di follower da tempo lamenta che Facebook sia noioso, e ammettiamolo, quanti di noi ormai non lo utilizzano che in maniera passiva? Già con l’avvento di Instagram il panorama era cambiato, essendo questo un medium che collegava one-to-many fornendo così l’opportunità di diffondere messaggi su più ampia scala. Le nuove piattaforme come Tik Tok hanno fatto scricchiolare l’egemonia incontrastata del regno di Zuckerberg. E l’avvento di Elon Musk in Twitter sta evidentemente creando qualche problema, non solo di gestione ma di massa critica di follower e utilizzatori. Per non parlare degli algoritmi di Google, ma in senso più ampio di come le Intelligenze Artificiali siano presenti nel nostro vivere quotidiano e siano parte integrante di un sistema che si genera e auto-alimenta in continuazione, e di cui noi abbiamo solo apparentemente il controllo.
Uno scenario in constante mutamento
Il cambiamento è l’unica vera costante. Il nostro intento non è perorare la causa di quanti criticano e puntano il dito contro dei media nati quando internet era tutt’altro rispetto a come lo viviamo oggi e i social, in particolare Facebook, erano considerati uno spazio di condivisione senza limiti per non “perdersi di vista” e per comunicare worldwide.
Più che credere alla fine dei social preferiamo credere che tutto, compreso il mondo dei social media (prima conosciuti come social network), sia in trasformazione e che sta a noi come fruitori ma soprattutto come essere umani dotati di intelligenza, sensibilità e senso di responsabilità, farne il miglior utilizzo possibile rispetto a quello che offrono e a quelle che sono le nostre esigenze, sia per l’uso privato ma ancora più per la gestione di una corretta strategia di comunicazione di impresa, dove si convive ogni giorno con l’ottimizzazione dei budget marketing e la produzione di contenuti di valore che interessino un pubblico diversificato localizzato in Italia piuttosto che all’estero.
Cosa cambia per le pmi
I social media hanno superato la loro fase di maturità, ed è evidente che ora vanno riconsiderati e vanno fatte anche delle scelte più consapevoli. Ciò che è fortemente cambiato in questi ultimi anni è stato il funzionamento di questi media, portandoli ad assomigliare più a sistemi di broadcasting come la TV che non a social network della prima ora, trasformando gli utenti in una sorta di platea passiva (come il caso di Tik Tok dove il 66% dei fruitori si limita a guardare i contenuti senza crearne a sua volta).
Le aziende che scelgono di essere presenti su queste piattaforme sanno che il valore della loro comunicazione, la qualità dei contenuti e l’impatto sui loro follower è una conditio sine qua non su cui ci si gioca la credibilità del proprio brand e quella del business. Nella maggior parte dei casi, ma non in tutti, a monte ci sono delle valutazioni e delle scelte di strategia aziendale e di marketing focalizzate. Scelgo di essere sui social ma non indistintamente. In base al tipo di realtà e settore, in base al pubblico e ai potenziali clienti che si vogliono raggiungere, occorre valutare quale piattaforma usare, e quale tipo di contenuto generare per essere davvero autorevoli, attrattivi e riconoscibili. L’azienda sui social non può disperdere le sue energie, ma le capitalizza creando un valore condiviso.
Uno sguardo oltre
Ad oggi Linkedin è il social media per eccellenza delle imprese, dei professionisti e in particolare per tutte quelle organizzazioni del b2b. Se ben usato, si rivela uno strumento molto utile nella definizione di una brand strategy, sia come aggregatore di contatti per fare new business sia per creare o rafforzare l’identità di brand utilizzando diverse funzionalità per raggiungere un ampio bacino di stakeholders.
Una corretta programmazione editoriale (che non prevede necessariamente investimenti adv) permette di essere presenti in maniera autorevole all’interno di una rete che ha raggiunto i 16.000.000 di iscritti in Italia rappresentando la terza community in Europa dopo Gran Bretagna e Francia.
La possibilità poi di coinvolgere i propri collaboratori nella pianificazione editoriale, condividendo attraverso i loro profili i contenuti aziendali, li rende ambassador dei valori e dalla storia del brand e portavoce di un’esperienza unica. Questo è sicuramente uno degli elementi di forza su cui puntare. Ma le possibilità di utilizzo dei social media sono tantissime e vanno tutte considerate in maniera molto pragmatica e soprattutto sostenibile ai fini del business.
Come il Gattopardo?
Demonizzare oggi gli strumenti che tutti conosciamo e più o meno utilizziamo non serve a nulla se non ad alimentare sterili speculazioni. Questo non ci aiuta. L’epoca dell’approssimazione e dello “sfogatoio” pubblico è terminata. Prima ci renderemo conto che ad una fine corrisponde un nuovo inizio per ripartire e reinventare, prima prenderemo coscienza di come usare bene gli strumenti che abbiamo e di come utilizzare efficacemente il nostro know-how e le risorse economiche a disposizione.
I social media e un buon sito internet possono costituire l’ossatura per creare una presenza online credibile, aggiornata e utile per il nostro business.
Abbiamo l’opportunità di utilizzare delle piattaforme per creare nuovi contenuti editoriali, generare newsletter, amplificare i nostri messaggi e diversificare la presenza su più canali per creare una narrazione coinvolgente e sempre nuova senza essere invasivi.
Possiamo personalizzare oppure essere più generalisti; possiamo essere produttori e fruitori di contenuti allo stesso tempo mettendo sempre al primo posto la qualità di un lavoro che ci piace considerare ancora “artigianale”, la cui impalcatura può anche essere fatta di bit e freddi algoritmi ma la cui anima non trascende l’abile mano creativa della nostra umanissima personalità.